CHI HA PAURA DI CHAT GPT? Chat GPT: il futuro della progettazione nell’era dell’intelligenza artificiale

Chat GPT è sulla bocca di tutti da ormai un mese, e se non fosse sufficiente la mole di articoli e video pubblicati sull’argomento, basterebbe cercare di accedere alla pagina ufficiale perennemente bloccata a causa dell’enorme numero di utenti, per rendersi conto della portata di questo fenomeno.

Si parla già della fine di Google, dei programmatori e dei copywriter. Si parla di cambiamento epocale, della più grande scoperta dalla nascita di internet. Dagli scenari apocalittici, neanche tanto velatamente ripresi dalle pagine di Asimov, fino all’entusiasmo di chi crede che il mondo sta inevitabilmente per cambiare; Chat GPT ha fatto parlare di sé e continua a far parlare di sé.

Ma che cos'è Chat GPT?

Per i pochi, rari (rarissimi), che in quest’ultimo mese si sono dati all’internet detox ecco di cosa stiamo parlando. Chat GPT è l’acronimo di Generative Pretrained Transformer, uno strumento di elaborazione del linguaggio naturale che utilizza algoritmi avanzati di apprendimento automatico per generare risposte simili a quelle umane all’interno di un discorso.

Ovvero, in parole semplici, Chat GPT è un Chatbot a cui gli utenti possono fare qualsiasi domanda, che lui è in grado di elaborare per formulare risposte complete e coerenti nell’ambito del discorso. Chat GPT sembra possedere “la conoscenza”.

Come sempre, non c’è soluzione migliore per comprendere qualcosa che sperimentarla in prima persona, quindi il consiglio è di fare un salto a questo link, nel caso non lo abbiate già fatto, per provare di persona.

Chat GPT è frutto del lavoro di OpenAI (organizzazione no profit per la ricerca sull’intelligenza artificiale), e nasce allo scopo di migliorare l’interazione uomo-macchina, in una miriade di applicazioni e contesti diversi.

Per esempio, immaginiamo di utilizzare questa chatbot nel servizio clienti, dove Chat GPT può gestire le domande più comuni della clientela e fornire risposte istantanee, agevolando notevolmente il lavoro degli operatori.

Ma come vi accorgerete presto questo strumento è molto più di questo.

Da quando la piattaforma è finita al centro dell’attenzione del pubblico non sono mancati gli esperimenti e i test: tutti volevano capire fino a che punto questa novità era veramente sorprendente e innovativa come si anticipava.

Chi chiede un articolo blog, chi una breve dissertazione sulla condizione degli universitari italiani, chi la trama per un fumetto, chi l’incipit di un thriller.

È diventato subito chiaro che Chat GPT può scrivere, e se non ha ancora acquisito la medesima naturalezza in tutti gli ambiti, è solo questione di tempo prima che il chat bot sia perfettamente capace di sostituire la penna umana.

Immaginiamo l’impatto che una tale scoperta ha avuto sulle persone che lavorano in ambito creativo: copywriter e content writer si sono trovati di fronte ad un problema che mette in discussione l’essenza stessa del loro lavoro. Ma anche noi, i cosiddetti Gant writer – ovvero i progettisti da bando – ci siamo trovati a riflettere sul nostro futuro.

La domanda sorge spontanea: Chat GPT sta per sostituirmi?

Arriverà il giorno in cui presentare un progetto significherà aprire il proprio pc, entrare nel chatbot, e digitare qualche domanda? Il progettista è una figura destinata ad estinguersi di fronte a questa enorme rivoluzione?

Come potete immaginare il dibattito ci ha tenuti impegnati per parecchi giorni, ed essendo il nostro uno studio tendenzialmente portato al confronto non abbiamo disdegnato di esprimere ognuno la sua opinione.  E anche tra noi si è creato uno spartiacque inevitabile tra i più scettici, forse un po’ conservatori e diffidenti, e gli entusiasti. Ma alla fine siamo giunti una conclusione: Chat GPT potrebbe sostituire completamente i Grant Writer, e dico potrebbe perché nel caso succedesse sarebbe in quel caso solo colpa nostra.

Il problema nasce quando la progettazione si trasforma, per qualche strano movimento semplificatorio, in scrittura di una candidatura, e niente di più. Ovvero quando il progettista si trasforma in amanuense, e si limita a compilare le schede più o meno complesse, che gli enti erogatori allegano alle istruttorie. Se il nostro lavoro è saper scrivere un progetto, allora di certo un giorno potremmo essere sostituiti. Soprattutto considerando che, a differenza di un content creator, come grant writer non ci viene richiesto un grande sforzo di creatività nella scrittura né di originalità, e che la forma ha importanza nel limite in cui rende l’idea progettuale il più chiara possibile. Difficilmente un ente erogatore porrà grande attenzione nello stile di scrittura, che non è altro che il mezzo necessario per trasmettere il progetto, non il progetto stesso.

Se quindi la scrittura non è altro che la modalità che utilizziamo per veicolare i nostri progetti, perché viene posta al centro del lavoro del progettista, diventandone il focus.

Cosa vuol dire progettare?

Tutto sta in quello che il cliente vede e percepisce come “concreto”.

Il bando richiede un progetto, progetto che va dettagliato in un documento, ipotizziamo, di 70 pagine, quindi il lavoro del progettista non è che questo: scrivere.

Naturalmente si tratta di una grande semplificazione, che tiene conto unicamente del risultato finale “visibile” e scivola allegramente sopra le fasi intermedie.

Ma come facciamo a mostrare che la scrittura non è che una parte, ad essere veritieri minoritaria del nostro lavoro?

Si potrebbe cominciare nel mostrare al cliente il processo di progettazione e i suoi step come entità separate, parti di un percorso coerente.

Un altro elemento è l’introduzione del concetto di prototipo. Il primo risultato di un percorso di progettazione è l’elaborazione di un prototipo, che non necessariamente deve assumere la forma di un progetto scritto, e che anzi , spesso è esplicitato più chiaramente nei documenti di medio termine utilizzati ai fini della progettazione (il quadro logico, il work plan …) che spesso non sono richiesti dagli enti erogatori.

Infine, si può ipotizzare di condividere i risultati attesi, prima dell’avvio dei lavori di progettazione, con il cliente, mostrando chiaramente come il documento descrittivo di progetto non è che un elemento dell’intero processo.

Quindi no, a nostro parere Chat GPT non sostituirà i progettisti, non se essi saranno in grado di valorizzare e raccontare il proprio lavoro. che è costituito principalmente dal saper condurre l’ideatore del progetto nel processo che porta al dettaglio di ogni singola parte partendo dall’analisi del contesto e del problema evidenziato, di cui il progetto si candida ad essere la (migliore) soluzione (magari progettata e disegnata insieme ai destinatari della stessa).

Al contrario, questo strumento potrebbe dimostrarsi un prezioso supporto, che andrebbe a ridurre il tempo dedicato alla scrittura , ampliando le ore di progettazione vera e propria…e finalmente la nostra job description potrebbe cambiare da grant writer a project designer. 

Study Case: capire il PNRR

Premessa

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è uno strumento complesso, suddiviso in Missioni, a loro volta suddivise in Componenti, le quali si dividono in Riforme (da attuare a livello legislativo) ed Interventi (da attuare attraverso contributi a fondo perduto chiamati Investimenti).

Imparare a districarsi in questo quadro richiede tempo e può sembrare superfluo. Tuttavia è importante capire in quale Missione, in quale Componente, in quale Investimento ci troviamo per comprendere al meglio che cosa gli enti erogatori cercano nel progetto che vorremmo candidare. Infatti è attraverso i Bandi che i vari Ministeri e Regioni declinano in obiettivi specifici le tematiche trasversali e gli obiettivi di Missione, di Componente e di Intervento.

In questo articolo del nostro blog, suddiviso in due parti, vi presenteremo un bando che sarà pubblicato a breve cercando di inserirlo in un contesto allargato, con un livello di analisi degli obiettivi di più ampio respiro.

Ogni contributo a fondo perduto finanziato all’interno del PNRR non può essere slegato dal quadro globale, ed è fondamentale riuscire a comprenderne le logiche per massimizzare le probabilità di ottenere le agevolazioni economiche per i nostri progetti.

Vi proponiamo questo tipo di contenuto come forma di esercizio che vi invitiamo a fare ogni volta che vi chiedete: “Il mio progetto risponde correttamente agli obiettivi dell’Avviso pubblico?”

Study Case

Il Ministero della Cultura ha pubblicato le linee d’indirizzo per attuare gli investimenti previsti nel PNRR che rispondono all’obiettivo specifico di “Capacity building per gli operatori della cultura per gestire la transizione digitale e verde”. Nelle prossime settimane saranno emanati gli Avvisi per la selezione dei progetti da finanziare.

Vediamo insieme dove è collocato, rispetto al quadro generale del PNRR, lo stanziamento di 160 milioni erogato dal Ministero della Cultura che presto verrà messo a Bando. 

Solitamente la collocazione è rappresentata da una sigla di questo tipo: M1C3.3; tale sigla è da leggere in questo modo: Missione 1, Componente 3, Intervento 3Partendo da questo riferimento potremo consultare il documento del PNRR (disponibile a questo link ) per avere una migliore comprensione dei bisogni che il nostro progetto dovrà soddisfare.

L’investimento che vi stiamo presentando si colloca nella Missione 1: “Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura e Turismo”, nella Componente 3 “Turismo e Cultura”.

La Missione

  • Tra gli obiettivi generali della Componente 3 troviamo ad esempio:
  • Supportare la transizione digitale e verde nei settori del turismo e della cultura
  • Sostenere la ripresa dell’industria turistica culturale e creativa

Andando ancora più nel dettaglio vediamo che la sigla M1C3.3 colloca l’Investimento Capacity building” all’interno dell’Intervento “Industria culturale e creativa 4.0”: lo 0.16 (miliardi) in tabella indica lo stanziamento previsto per realizzarlo, ossia 160 milioni di euro.

A questo punto nel testo del PNRR possiamo ottenere informazioni più dettagliate sugli obiettivi via via più specifici dell’Investimento, anche in virtù di quelli generali e trasversali.

Nel nostro study case, ad esempio, vediamo come il divario territoriale, di genere e generazionale siano delle criticità comuni che andrebbero indirizzate in ogni progetto presentato. O ancora scopriremo che l’Investimento vuole innanzitutto rilanciare il settore culturale e creativo come volano per generare valore all’interno del comparto turistic. Nel farlo però si interseca con la necessità di formare gli operatori, quella di migliorare la sostenibilità ambientale, quella di favorire il passaggio al digitale…

  Avere un livello di approfondimento così puntuale sarà un valore aggiunto importante per ideare un progetto capace di soddisfare le aspettative dell’ente erogatore e arrivare davanti alla numerosa concorrenza.

Nella seconda parte di questo articolo, che pubblicheremo a breve, vi forniremo i dettagli delle linee d’indirizzo pubblicate dal Soggetto Gestore dell’Investimento (Ministero della Cultura). 

Seguiteci sui nostri social (qui sotto) per non perdere la seconda parte dell’articolo!

Come riprendersi da una brutta sconfitta e perchè è importante abituarsi a perdere

Il 24 marzo la nazionale italiana ha subito una sconfitta epocale, da parte della Macedonia del Nord, con la consequente esclusione dai Mondiali 2022. A distanza di 4 anni dai mondiali 2018,  ancora una volta, il paese si vede escluso da uno degli eventi sportivi più importanti e seguiti a livello internazionale. Ma malgrado l’amarezza, quanto accaduto ci offre uno spunto di riflessione importante. La sconfitta è inevitabile in tutti gli ambiti della vita, e lo è in maniera particolare nel mondo dei bandi di finanziamento: prima o poi ogni organizzazione si troverà a dover accettare di aver perso.

Perché la sconfitta è inevitabile?

Partecipare ai bandi di contributo e finanziamento è un’attività stimolante ed estremamente profittevole per un’organizzazione – sia essa un’ente non profit, un ente pubblico, un’azienda ecc. – se fatta professionalmente. Ma, questo non impedisce certamente le inevitabili sconfitte lungo il percorso. 

Per loro stessa natura i bandi prevedono dei “vincitori” e dei “perdenti”. Partecipare ad un bando, per certi versi, vuol dire scommettere su di un progetto in cui si crede, che potrebbe rivelarsi vincente come fallimentare. Soprattutto negli ultimi anni, l’impennata di domande di contributo e la sempre maggiore attenzione intorno ai contributi erogati (anche grazie all’avvio del PNRR), ha avuto come conseguenza un forte aumento della concorrenza. A sostenere l’incremento delle richieste vi è un aumento consistente degli strumenti di finanziamento, con una disponibilità di fondi enorme se confrontata agli anni passati. 

Quindi un’organizzazione che si appresti a presentare un progetto deve essere ben consapevole che la sua abilità di presentare un progetto ben strutturato e rispondente alla richieste dell’ente erogatore non è sinonimo di vittoria certa. Proprio a causa dell’altissima concorrenza, anche progetti di qualità rischiano di non arrivare tra quelli finanziabili. Nella maggior parte dei bandi, la percentuale di domande finanziate è di circa il 10% del totale delle richieste presentate. 

Come affrontare la sconfitta.

Appurato che la sconfitta va messa in conto come possibilità, come la si affronta?

Sembra quasi un controsenso: investire nella preparazione di un progetto vincente; utilizzare tempo, risorse e denaro per poi vedersi negato il contributo! La domanda “chi me lo fa fare?” appare più che legittima. 

Proprio per questo la partecipazione ad un bando non può essere un evento una tantum, ma parte di una strategia strutturata e coerente che richiede l’impegno costante dell’organizzazione in questione, oltre che un continuo monitoraggio delle opportunità disponibili. Per sapere di più su come partecipare ad un bando leggi il nostro articolo al riguardo qui.

Quindi ecco qui le strategie da utilizzare per non lasciare che la paura del fallimento vi privi di questa importante possibilità:

  • Essere organizzati: presentarsi ai bandi saltuariamente e in maniera caotica non è una strategia efficacie, al contrario si rivela dispersiva e fallimentare. Al contrario avere un impianto strutturato di ricerca e selezione dei bandi, capace di individuare per lo stesso progetto più opportunità di finanziamento, così da incrementare le possibilità di ottenere il contributo è essenziale. 
  • Selezionare i bandi a cui partecipare: presentarsi a tutti i bandi in maniera indiscriminata non è una strategia vincente. Vi farà solo perdere tempo e sprecare risorse. Affidarsi ad un progettista esperto in questa fase è fondamentale, in quanto sarà in grado di indirizzarvi verso le opportunità più adatte a voi. Scopri di più sul nostro metodo di selezione del bando qui.
  • Cercare il riscontro: uno degli elementi più importanti di una mancata ammissione a contributo sono le motivazioni che hanno portato a questa decisione. Sapere il perché della nostra esclusione è fondamentale per prepararsi ad una futura ricandidatura e migliorare la propria metodologia di progettazione. Nel caso dei bandi europei al risultato negativo si accompagna una relazione di valutazione, in cui vengono esposte le ragioni dell’esclusione; inoltre i Desk (uffici) italiani, che si occupano della valutazione, sono disponibili al confronto diretto. Altri enti non sono altrettanto disponibili, ma cercare un riscontro è sempre importante, per evitare gli stessi errori nel futuro. 
  • Avere un piano b: non accontentarsi di presentare un progetto ad un unico bando, ma avere sempre un piano b per maggiore sicurezza. Alle volte ci sembra di aver trovato il bando perfetto per il nostro progetto, e le probabilità di vittoria ci appaiono quasi scontate: mai sedersi sugli allori! Anche in questi casi è importante darsi da fare per trovare uno strumento alternativo con cui finanziare il proprio progetto. 
  • Non farsi scoraggiare dalla sconfitta: perdere fa “parte del gioco”, prima ci si abitua a questa realtà, migliori saranno i risultati futuri. Alle volte il mancato ottenimento di un contributo non dipende da noi, ma da altri fattori come: la scarsità di risorse, oppure  un livello di competizione molto alto. L’importante è non arrendersi e andare avanti a credere nei propri progetti. 

Perchè la sconfitta è importante

Perchè ci costringe a metterci in discussione, a porci delle domande. Era davvero un progetto rilevante rispetto agli obiettivi del bando? Ho preso in considerazione tutti i criteri di valutazione per massimizzare le mie possibilità? Ho analizzato i bisogni, le esigenze del territorio, supportando la mia analisi con dati oggettivi?

Quando si crea un progetto il rischio è sempre quello di rinchiudersi nella propria bolla, tanto da esserne accecati. Il progettista è in continua discussione con sè stesso e confronto con i suoi interlocutori. Dagli insuccessi trae esperienza e della sana autocritica. 

Quindi imparare a perdere è forse una delle prime lezioni da fare proprie quando si entra nel mondo dei bandi. Il successo arriva a chi ha pazienza ed è disposto a rischiare. 

Cosa sono i Bandi di finanziamento

I bandi di finanziamento sono uno strumento utilizzato da enti erogatori per finanziare i progetti delle organizzazioni non profit, definendo le finalità e le tipologie di interventi realizzabili ed i requisiti per poter presentare domanda.  

I bandi sono emanati da diverse fonti, sia pubbliche che private, come ad esempio: Fondazioni Bancarie e di Comunità, Fondazioni di impresa, Enti filantropici, Regioni, Ministeri e Commissione Europea.

Che cos'è il Grant scouting? 

Per Grant scouting si intende l’attività di ricerca di bandi di finanziamento, ed è una delle principali attività svolte da un fundraiser. L’identificazione del bando più adatto ad un progetto o ad uno specifico momento nella vita dell’organizzazione non è un compito semplice: richiede l‘esperienza necessaria a comprendere in maniera chiara il bando e gli scopi che si propone di raggiungere, oltre che a un notevole investimento di tempo. Lo scouting iniziale è un momento chiave dell’intero processo, in quanto permette all’ente di concentrare le proprie risorse verso gli strumenti finanziari adeguati, senza disperdere le proprie energie e risorse per partecipare a tutti i bandi, con il rischio (molto alto) di non vincerne nemmeno uno. Che siate un’organizzazione di grandi dimensioni o una piccola realtà poco importa, entrambe potreste beneficiare dalla partecipazione ai bandi di finanziamento. L’importante è individuare lo strumento più adatto alle proprie esigenze: la tentazione (soprattutto all’inizio) può essere quella di lanciarsi su qualsiasi bando pur di ottenere un contributo, arrivando anche a snaturare il proprio progetto. Questa è certamente una strategia fallimentare. Per questo la capacità di attendere l’occasione ed il momento giusto è una delle caratteristiche fondamentali del Grant scouting.

Avvalersi della collaborazione di un fundraiser specializzato è fondamentale, e può fare la differenza tra una strategia di Grant scouting di successo e una fallimentare. Scopri il nostro approccio qui.

Cosa prevedono i Bandi di Finanziamento?

Generalmente i bandi hanno una serie di caratteristiche comuni: Un beneficiario o più beneficiari con determinate caratteristiche (non profit, non profit con almeno due anni di esperienza, non profit che operano in ambito culturale ecc.)
  • Un territorio di riferimento (Regionale, comunale ecc.)
  • Un totale di risorse a disposizione
  • Un totale di risorse a disposizione del singolo progetto
  • I termini di apertura e chiusura del procedimento
  • Un gruppo di destinatari
  • Una serie di obiettivi che si prefissano di contribuire a raggiungere
  • Una serie di attività e di spese finanziabili
  • Una serie di attività e di spese non finanziabili
  • I documenti richiesti ai fini della partecipazione
  I progetti presentati devono rispondere ad un bisogno sociale concreto e dettagliare in maniera puntuale lo svolgimento delle attività di progetto. La progettazione, nella presentazione di una domanda di finanziamento, è un elemento prioritario per dimostrare all’ente erogatore di essere in possesso delle competenze necessarie a gestire il finaziamento. Inoltre, l’aumento della competizione in questo settore, e il numero crescente di domande hanno portato a un rafforzamento dei criteri formali richiesti e ad una maggiore complessità nella presentazione dell’istruttoria; sempre più centrali per farsi notare tra i molti sono gli aspetti legati alla governance, al monitoraggio ed alla valutazione, ossia la capacità di

5 miti da sfatare sulla partecipazione ad un bando di finanziamento

Ottenere un contributo per un progetto già in parte finanziato da un altro ente erogatore è più difficile”

Al contrario, gli enti finanziatori preferiscono sapere che siete già stati finanziati in passato: questo vi rende più affidabili ai loro occhi e da credito al progetto.

“Più il partenariato è grande, più si alzano le chances di successo”

Non è il numero dei partner a rendere un partenariato forte, ma la coerenza tra le realtà individuate e gli obiettivi e le attività di progetto.

“Il mio progetto è rivolto a tutti, quindi è più inclusivo”

 Scegliere di rispondere a tutti i bisogni e tutti i beneficiari equivale a non sceglierne nessuno. Un intervento costruito e pensato su di un utente generico è destinato a fallire.”Più il progetto è lungo, ovvero più scrivo, più la mia idea sembrerà ben strutturata” Visto il numero di bandi che vengono pubblicati ogni giorno, gli enti erogatori hanno sempre meno tempo per la valutazione e incoraggiano, quando possibile, alla brevità. La capacità di sintesi e la chiarezza espositiva sono spesso un elemento di valutazione positiva.”Meglio non evidenziare possibili criticità, renderebbero il mio progetto debole”

 Al contrario, la capacità dei richiedenti di saper valutare i propri punti deboli ed elaborare di conseguenza una strategia di gestione del rischio è fondamentale ai fini della valutazione.

Il Design Thinking come strumento innovativo nel rapporto con la comunità

Il design thinking per le biblioteche pubbliche è una metodologia di progettazione di soluzioni innovative per dare risposte concrete a sfide progettuali che riguardano nuove attività, nuovi servizi, nuovi programmi all’interno della biblioteca. Nella letteratura organizzativa, il design thinking è annoverato fra le metodologie human centered, e, come tale, punta tutto sulle persone che lo utilizzeranno. 

Questa metodologia è stata applicata per la prima volta alle biblioteche pubbliche con la pubblicazione del Design Thinking For Public Libraries Toolkit, frutto del lavoro dello studio di design Ideo insieme al centro culturale Dokk1 di Aarhus ed alla Chicago Public Library. L’intenzione era quella di fornire ai bibliotecari uno strumento per progettare e realizzare l’innovazione e il cambiamento in biblioteca, puntando tutto sulla risorsa certa che le biblioteche possiedono: i bibliotecari stessi. 

La prima vera sfida di Design Thinking for Public Libraries è dunque proprio quella che riguarda la capacità di coinvolgere i bibliotecari e renderli agenti attivi del cambiamento e dell’innovazione. 

Design Thinking è descritto nel manuale come un processo costituito da 5 fasi distinte che si susseguono una all’altra ma che, qualora non si sia soddisfatti degli esiti di una delle fasi, è possibile (anzi suggerito) percorrere in senso contrario, senza appesantire il percorso creativo o peggio, compromettere il risultato finale.

Risultato finale che è rappresentato da un prototipo della soluzione progettata. 

Dunque la soluzione che risulta essere il risultato del processo di Design Thinking è un vero e proprio modello del servizio, presenta tutte le caratteristiche e le modalità organizzative, che consentiranno ai destinatari di comprenderne il funzionamento e consentirà ai bibliotecari, di replicarlo su scala reale.

Un passaggio fondamentale della metodologia è rappresentato dal diagramma di Venn sulle caratteristiche fondamentali del prototipo: Desiderabilità (cosa desiderano i miei interlocutori?); Fattibilità (ho a disposizione gli strumenti tecnici e organizzativi per realizzare la soluzione?); Sostenibilità (posseggo le risorse per realizzare e mantenere nel tempo la soluzione?).

Fra tutte le soluzioni create nel processo di progettazione, solo quella che presenterà tutte e tre queste caratteristiche sarà prototipata, sottoposta al test di validazione e successivamente messa su scala.

Per capire come si svolge un percorso completo di progettazione con Design Thinking, non si può che applicarlo su un caso concreto. È una metodologia eminentemente pratica e operativa; spiegare, con la teoria, come funziona e come si svolge, è meno efficace che sperimentarla direttamente e fare propri gli apprendimenti per trasformarli (con l’esercizio continuo) in automatismi.

Vediamo brevemente le 5 fasi della metodologia:

 

 

Con la prima fase, quella dell’empatia e dell’ascolto, si incontrano le persone a cui sarà destinato il nuovo servizio, si raccolgono le informazioni, i racconti sui loro bisogni e le loro aspettative, su come si aspettano che la biblioteca elabori una risposta.

La fasi più creative sono quelle dell’ideazione e della costruzione del prototipo: nella fase dell’ideazione l’invito è a produrre una grande quantità di idee al motto “l’unica idea sbagliata è quella non espressa: siate ambiziosi e non temiate il fallimento”.

Il gruppo di progettazione riunito in uno spazio in cui la sfida è sempre presente, in quanto visualizzata su un supporto adeguato, così come tutti gli elementi raccolti e riassunti, produce ed esprime idee in un processo di brainstorming continuamente stimolato: è da questo grappolo di idee (e di post-it) e dal confronto e discussione fra i membri del gruppo, che scaturirà la soluzione che darà origine al prototipo.

Cartoncini, mattoncini lego, spago, colla, scatole di varia dimensione, palle da tennis…ogni materiale recuperato può essere utile alla costruzione del prototipo.

Ciò che conta è che il risultato finale sia visuale, che si possa toccare, rigirare fra le mani e osservare da angolazioni diverse. Deve consentire un’esperienza immersiva, dove la comprensione e la proiezione nel prossimo futuro, quando il prototipo sarà trasformato in servizio, sia immediata e lucida.

Il design thinking è un percorso creativo e divertente, partecipativo e inclusivo, targettizzato su destinatari specifici e focalizzato sul risultato da raggiungere: per tutti questi motivi risulta molto soddisfacente per i partecipanti e altamente efficace rispetto alla capacità di produrre soluzioni.

 

Che la sfida abbia inizio!

 

Perché LEGO® Serious Play®?

Oggi parliamo di Lego® Serious Play® un metodo, codificato (nato in seno a IMD una prestigiosa business school svizzera) usato dalle aziende di qualunque dimensione e settore per elaborare soluzioni a problemi organizzativi o per mettere a fuoco nuovi interventi.
Si basa sulle teorie psico-pedagogiche del costruttivismo e del costruzionismo secondo le quali l’essere umano apprende più dall’esperienza personale che dalla teoria e crea modelli mentali dell’apprendimento elaborato.
Un po’ complicato, ma se osserviamo i bambini giocare, le loro espressioni serissime e assorte ci rendiamo subito conto di cosa voglia dire, perché è molto evidente che in effetti mentre giocano stanno imparando.
Lego® Serious Play® è una metodologia che ci riporta (noi adulti) a questo principio.
Vuole stimolare quella parte del nostro cervello che agisce in maniera creativa e più efficace nell’individuazione di soluzioni e strategie a problemi specifici
Inoltre usaere le mani, per il fatto che su di esse si concentra una quantità smisurata di ricettorinervosi, facilita il pensare in maniera costruttiva
Così funziona Lego® Serious Play® il cui motto è proprio “pensare con le mani”.

Attraverso questa metodologia usiamo i mattoncini Lego per pensare e ideare soluzioni efficaci. Un elemento fondamentale di questa attività è il confronto con gli altri: ci viene chiesto di costruire dei modellini con i lego che rappresentino le nostre idee per poi confrontarli con quelli degli altri partecipanti.
Dimenticate le riunioni dove tutti parlano sopra gli altri, senza ascoltarsi a vicenda, che non portano a soluzioni concrete. Lego® Serious Play® ci obbliga a pensare “outside of the box” e offre un approccio innovativo dove tutti hanno la possibilità di esprimere il proprio pensiero. 

Quindi quando ci troviamo di fronte ad un problema di lavoro che vogliamo risolvere efficacemente, che riguardi l’organizzazione della nostra impresa, del nostro negozio, di uno  spazio o di un nuovo servizio che vogliamo avviare e non sappiamo come, grazie a Lego® Serious Play® arriveremo insieme al nostro gruppo ad una soluzione concreta e condivisa …e in tre dimensioni.

Sei curioso e vorresti saperne di più? 

Non esitare a contattarci!

Dai un'occhiata al webinar dedicato a Lego® Serious Play®

Un progetto di successo: il nostro approccio passo a passo

COME FUNZIONA IL PROCESSO DI PROGETTAZIONE?

Per essere efficace e vincente un progetto nasce sicuramente da un’idea innovativa, originale e con obiettivi ambiziosi e realistici. Dopo diversi anni di esperienza, dopo aver perso il conto del numero dei progetti realizzati, ci siamo resi conto che la metodologia di lavoro e l’approccio alla progettazione non sono affatto un aspetto secondario; anzi. Ogni idea geniale deve poggiare su delle basi solide per potersi concretizzare, così come una casa poggia sulle fondamenta. Vogliamo condividere con i nostri lettori l’approccio che utilizziamo qui a Studio 2di2 quando ci si presenta una nuova sfida: le nostre fondamenta. Da progetti culturali a quelli di sviluppo aziendale, passando per Erasmus ed Europa Creativa, questa metodologia è il minimo comune multiplo di ogni nostro lavoro.  

  • Analisi del cliente e del bisogno. Il nostro approccio è cucito su misura per la singola realtà, e prevede una prima fase di conoscenza della stessa, dei suoi obiettivi, delle sue esigenze, del suo background e delle sue aspettative. E’ importante che in questa fase ci sia molto dialogo, non si può pensare che il consulente pensi a tutto. Occorre capire a fondo quali sono i bisogni da soddisfare, e che tipo di impatti ci aspettiamo dal progetto. Solo così si possono definire degli obiettivi concreti, basati su problemi reali, e in funzione di questi delineare le azioni da implementare.
  • Ricerca del bando. Chi si rivolge a noi spesso lo fa anche per trovare dei finanziamenti o dei contributi a fondo perduto per sostenere economicamente il proprio progetto. Dopo aver compreso che cosa si vuole realizzare, effettuiamo una ricerca continua nel mondo dei bandi nazionali e internazionali, così da poter efficientemente individuare le proposte che più si adattano al progetto, anche in funzione delle possibilità di successo.
  • Valutazione dei requisiti formali. Spesso i progetti presentati sono innovativi e potenzialmente vincenti, eppure non ottengono contributo a causa di un vizio di forma. Complessi e burocratici, i requisiti formali sono essenziali ai fini dell’ottenimento del contributo: accertarsi di possederli tutti è il primo passo verso la presentazione del progetto.
  • Progettazione. Non importa in che fase sia l’idea, se in stato pressoché embrionale o già ben strutturata, come progettisti abbiamo il compito di mettere le nostre competenze al servizio del progetto. Utilizziamo perciò delle metodologie di facilitazione (come Design Thinkin e Lego Serious Play) certificate per dare una struttura che sia logica da un punto di vista espositivo, ma anche operativa. Dal bisogno all’obiettivo, dall’obiettivo alle azioni, ed infine si definiscono poi gli indicatori che permettono di capire come sta andando il progetto e se abbiamo ottenuto quanto ci si aspettava. E’ anche importante tenere conto da subito della governance del progetto in ogni sua fase.
  • Proposta progettuale. Una volta elaborato il progetto non ci resta che concretizzarlo: la scrittura della proposta, degli studi di fattibilità e la preparazione del budget sono processi che vanno realizzati in stretto contatto con il cliente: è imprescindibile che quanto si sta delineando sia condiviso. Noi in quanto consulenti diamo un contributo con le idee e i nostri punti di vista, ma alla fine è chi dovrà implementare le azioni che deve credere con forza nel suo progetto.
  • Documentazione formale. Ogni bando presenta una notevole complessità di documenti ed allegati da presentare: descrizione dettagliata del progetto, business plan, accordi di partenariato, statuti, dichiarazioni… Ci assicuriamo che ogni documento sia corretto e pronto per la scadenza e guidiamo il cliente durante fino alla firma degli stessi.
  • Presentazione della domanda. Le domande di contributo si presentano perlopiù attraverso piattaforme apposite. Ci occupiamo di compilare gli eventuali moduli online e di caricare i documenti sulla piattaforma.

Ed ecco fatto il progetto è stato inviato!

Il nuovo blog di Studio2di2

Benvenuto nel nostro Blog!

 

Facciamo gli onori di casa e ci presentiamo: siamo Studio 2di2, un team dinamico la cui forza nasce dall’incontro di competenze complementari. Spiegare cosa facciamo non è una questione semplice, ma facciamo lo stesso un tentativo

Chi siamo?

Siamo uno studio di consulenza e design di progetto, e dal 2007 offriamo ad enti pubblici, associazioni ed imprese, dei servizi di accompagnamento e supporto in tutto ciò che riguarda il vasto mondo della progettazione e dei contributi a fondo perduto. Ci siamo specializzati in diverse metodologie di facilitazione e problem-solving, come Design Thinking e Lego Serious Play, applicandole poi nel nostro lavoro per aiutare un cliente a definire che obiettivi prefissarsi e che azioni mettere in campo per raggiungerli.

Per quali motivi nasce questo blog?

Dopo tanti anni passati ad accompagnare imprese, enti pubblici e realtà del terzo settore per dare loro la possibilità di accedere e di fruire delle agevolazioni nazionali ed europee, siamo ormai certi che la chiave del successo di queste realtà risieda in quella mentalità che definiamo “cultura progettuale”; questa è in primo luogo la capacità di chi amministra attraverso il ragionamento, ambiziosamente ma in maniera realistica, bisogni, obiettivi, azioni, indicatori ed impatti positivi che si andranno a generare. In secondo luogo avere una cultura progettuale significa essere in grado di gestire il corretto andamento delle azioni di progetto, le risorse umane e materiali, la comunicazione e infine saperne disseminare i risultati (ossia il famoso “project-management”). 

Per diffondere la cultura progettuale.

Diffondere la cultura progettuale è uno dei motivi per cui abbiamo deciso di condividere con voi, attraverso questo blog, quanto abbiamo appreso durante la nostra esperienza: come si progetta? come definisco i miei obiettivi? cosa posso fare per risolvere i bisogni della mia comunità o della mia impresa? Cercheremo di darvi delle risposte a queste domande, poichè ogni progetto di successo crea delle reti di attori che si muovono con un obiettivo in comune, e genera un circuito virtuoso di benefici e ulteriori opportunità per il territorio su cui viene implementato.

Tuttavia a volte non basta sapere ideare un progetto vincente, a volte ciò che manca non è il mind-set ma qualcosa di più concreto: le risorse economiche per investire nella nostra idea.

Come finanziare il progetto?

Una frase che ci troviamo spesso a ripetere è la seguente: non si deve progettare allo scopo di ottenere un finanziamento a fondo perduto, perchè un progetto valido, con dei bisogni reali, una soluzione innovativa e una struttura solida sarà in grado di attrarre le risorse necessarie. 

Detto ciò, il mondo dei contributi a fondo perduto è ricco di opportunità per chi le sa trovare e cogliere: fondazioni, ministeri, province, camere di commercio, Commissione Europea e fondi strutturali nazionali; le possibilità sono numerose. Volevamo però sottolineare che serve un’idea non banale, e delle competenze progettuali specifiche, per riuscire ad ottenere il contributo superando la sempre più numerosa concorrenza.

Cosa leggerai nei nostri articoli?

Lo avevamo detto che spiegare chi siamo e perchè scriviamo su questo blog non sarebbe stato semplice… di sicuro non è stato breve. Grazie per essere arrivato fino in fondo! Se ci seguirai potrai rimanere aggiornato sulle migliori opportunità di finanziamento a fondo perduto che ti presenteremo, approfondire le tematiche relative alla progettazione (anche sulla parte più criptica, la temuta rendicontazione) e imparare qualcosa di più sulle metodologie Lego® Serious Play® e Design Thinking, che sono alla base di numerosi nostre storie di successo che avremo piacere a raccontare. 

Con la promessa che saremo più brevi, vi invitiamo a seguirci lasciando un like alle nostre pagine Facebook e LinkedIn.
A presto!