Vi sveliamo gli 8 segreti del Project Manager

Ma prima di cominciare facciamo un passo indietro e chiariamoci le idee su chi è il project manager.

Il project manager è il responsabile di progetto: il suo compito è quello di guidare il team di progetto verso l’obiettivo, assicurandosi che tutte le parti coinvolte nel progetto siano sufficientemente rappresentate (gli investitori, gli stakeholder, il team di progetto, i beneficiari ecc.), e che il tutto avvenga nel rispetto dei costi, delle tempistiche e delle premesse preventivate.

Il Project Manager in ambito culturale o sociale è una figura piuttosto nuova; come si conviene a questo ruolo possiede competenze trasversali: oltre alla conoscenza specifica dei contenuti del progetto e una formazione tecnica, si aggiunge l’importanza delle capacità relazionali, della creatività e dell’inventiva.

Il project manager è una figura essenziale nel panorama di attori coinvolti nella realizzazione di un progetto: è colui che tiene i cosiddetti fili e si assicura che i risultati vengano raggiunti con successo, inoltre è il punto di riferimento di tutti gli altri soggetti coinvolti e l’unico che ha una visione comprensiva dell’intero lavoro.

Ma quali sono i segreti per essere un buon project manager?

1) Adatta le aspettative e le richieste alle caratteristiche dei singoli professionisti con cui si sta lavorando.

Il project manager si trova a lavorare con professionalità e figure diverse a seconda del progetto a cui sta lavorando, ed è importante sapere che lo stesso approccio e le medesime richieste produrranno effetti molto diversi sugli uni e sugli altri. Saper moderare e contestualizzare le proprie aspettative ci permette di evitare spiacevoli situazioni e inutili conflitti, che non farebbero altro che rallentare i lavori.

2) Preferisci i calendari condivisi ai Gantt. (in certi casi)

Non fraintendetemi il Gantt è uno strumento essenziale per la gestione delle fasi di progetto e delle persone coinvolte, ma non si tratta certamente di uno strumento accessibile a chiunque. Un diagramma di Gantt può spesso apparire troppo complesso e mettere in difficoltà i professionisti con cui stiamo lavorando. Al contrario un calendario condiviso è un tool facilmente codificabile da chiunque che offre a tutti una visione chiara del progetto e del suo sviluppo. Si consiglia di dotarsi si strumenti che integrino entrambe le funzioni, in modo da non dover fare un doppio lavoro.

3) Quando fissi una scadenza considera sempre due o tre giorni di ritardo

Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Nel delicato equilibrio di un progetto, una scadenza non può in alcun modo mettere in crisi l’intero sistema e siccome, i ritardi sono inevitabili, il buon PM li mette in conto e gioca d’anticipo.

4) Fai una gerarchia degli obiettivi di progetto.

In un mondo ideale la realizzazione concreta di un progetto segue nei minimi dettaglia la sua pianificazione; ma la realtà è molto diversa. Modifica delle condizioni di partenza, fattori esterni, criticità all’interno del team di lavoro, subentro di nuove figure, scarso riscontro da parte del target, mancato raggiungimento dei risultati … sono solo alcuni tra i numerosissimi elementi che possono mettere in crisi un progetto. In questi casi è sempre bene avere una strategia di gestione del rischio, che ci permetta di limitare i danni. Ma l’eventualità di dover ridimensionare le aspettative di partenza si trasforma spesso in una realtà: per questo creare una gerarchia degli obiettivi di progetto è fondamentale, in quanto ci permette di selezionare con relativa facilità quale obiettivo abbandonare e a quali invece dedicarsi con più energia.

5) No alle riunioni interminabili

Le riunioni, si sa, sono l’incubo dei project manager e dei team di progetto: interminabili e spesso inutili, sono un metodo decisamente agé di gestione di un progetto. Gran parte delle noiose riunioni da un’ora e passa possono tranquillamente essere sostituite attraverso l’utilizzo di strumenti di supporto al project manager. Vi facciamo qualche esempio:

Utilizza dei modelli di project management per aggiornare il team sullo sviluppo dell’idea (es. project plan, brainstorming report, retrospettiva ecc.)

Usa i Task report per consegnare e aggiornare i task con il team.

Condividi una roadmap di progetto per mostrare lo stato di avanzamento

6) Stabilisci dei punti di riferimento per la comunicazione (e metti dei paletti)

La comunicazione tra il team di progetto e il PM è un elemento fondamentale per la buona riuscita di un progetto. Ma se la comunicazione è casuale si rischia il caos, ed eventualmente l’esaurimento nervoso dello stesso Project Manager. Se per ogni piccola difficoltà è sufficiente alzare il telefono e fare uno squillo al PM si rischia che le ore di lavoro vengano saturate dalla risoluzione di piccole difficoltà. Al contrario, fornire un indirizzo chiaro sugli strumenti da utilizzare in base alle esigenze, ci garantisce un flusso di lavoro tranquillo. Una chat room potrebbe essere un esempio, ma non è il solo, ad oggi il web ci offre un’infinità di strumenti per la comunicazione online. Sfruttiamoli!

7) Il tuo talento consiste nel far emergere i talenti altrui

Un buon Project Manager non cerca le luci della ribalta, il suo ruolo è più defilato, nelle retrovie. Il suo compito è far emergere il meglio dalle risorse che ha disposizione, ottimizzando i tempi e i costi; per fare questo deve mettersi in secondo piano e lasciare che altri usino il suo lavoro come strumento per valorizzare il proprio. Se soffrite di egocentrismo questo non è il lavoro per voi.

8) Non innamorarti di un’idea (ti spezzerà il cuore)

Soprattutto nelle prime fasi di un progetto è facile finire con l’innamorarsi perdutamente di un’idea o di una proposta, che poi, magari, finirà col venire brutalmente scartata nelle fasi successive, mentre il team procede con i lavori di progettazione. Può sembrarci che l’idea sia assolutamente vincente, e che quindi sia uno spreco abbandonarla in favore di altro. In questi casi dobbiamo ricordare che non è compito del PM creare i contenuti di un progetto, e che al contrario, un’eccessiva interferenza può portare ad uno squilibrio tra gli attori in campo. Insomma, tutti i poteri al PM non è mai una buona cosa, soprattutto perché restituisce una visione parziale e soggettiva del “gioco”. Se l’idea viene scartata ce ne faremo una ragione.

Ecco i nostri segreti per un project management di successo … quali sono i vostri?

Rebecca

 

SFRUTTARE IL PROGRAMMA CERV DELLA COMMISSIONE EUROPEA PER IL SUCCESSO DELLE BIBLIOTECHE ITALIANE

L’Unione Europea offre una serie di opportunità di finanziamento (anche) alle biblioteche, attraverso il Programma CERV “Cittadinanza Europea e Valori comuni”, (qui trovi un quadro generale del programma)che può rappresentare un importante motore di sviluppo per le biblioteche italiane. 

IL PROGRAMMA CERV: UN'OPPORTUNITA' PER LE BIBLIOTECHE

Cogliendo l’invito contenuto nella risoluzione dei Ministri della Cultura dei Paesi dell’Unione (dello scorso Novembre 2022) rivolto a tutti gli istituti culturali ed, in primis, alle biblioteche pubbliche, a stimolare massimamente la partecipazione alla vita civica, è importante che le biblioteche italiane sfruttino appieno queste opportunità, al fine di elevare il benessere delle comunità locali e di far crescere il settore, in Italia.

Tra le call previste per il 2024, alcune si rivelano particolarmente rilevanti per le biblioteche e i professionisti del settore, in quanto offrono l’opportunità di sostenere progetti innovativi e socialmente rilevanti (e che consentano di valorizzare le potenzialità delle biblioteche pubbliche come piattaforme per la partecipazione culturale e quindi civica dei cittadini) .

Peraltro le call di CERV sono pensate anche per tutti quei soggetti che non hanno una grande esperienza di progettazione europea, per la semplificazione nelle procedure di presentazione delle candidature, per l’uso di un linguaggio molto vicino a quello delle biblioteche, per i livelli di supporto messi in campo dai desk nazionali.

Avere sviluppato una buona pianificazione e avere chiaro il proprio sistema di obiettivi e priorità, è ciò che maggiormente rileva per il successo.

In questo articolo, esploreremo alcune di queste call e come le biblioteche italiane possono sfruttarle al meglio.

1. GENDER EQUALITY

La promozione dell’uguaglianza di genere è una priorità chiave nell’agenda dell’Unione Europea. La call dedicata a questo tema nel Programma CERV può rappresentare un’opportunità per le biblioteche italiane di sviluppare progetti volti a promuoverla attraverso iniziative culturali, educative e informative. E soprattutto valorizzando la comunità e la partecipazione. (in attesa entro la fine dell’anno con scadenza supposta il prossimo Marzo 2024).

2. NETWORK OF TOWNS

La call “Network of Towns” mira a promuovere la cooperazione tra città e comunità in Europa. Le biblioteche italiane possono svolgere un ruolo chiave nell’agevolare la creazione di reti tra città e comuni attraverso iniziative culturali e progetti di scambio (in attesa per Dicembre, con scadenza presunta il prossimo Aprile 2024).

3. CHILD

La call “Child” è dedicata ai progetti che promuovono il benessere e lo sviluppo dei bambini, valorizzando il loro protagonismo. Le biblioteche italiane possono svolgere un ruolo significativo nell’educazione e nell’intrattenimento dei giovani lettori. Progetti incentrati sulla promozione della lettura, l’organizzazione di eventi culturali per bambini e l’accesso a risorse educative di alta qualità possono essere finanziati attraverso questa call (già aperto, con scadenza a Marzo 2024).

4. CITIZENS’ ENGAGEMENT

L’engagement dei cittadini è fondamentale per il successo di qualsiasi comunità. Le biblioteche sono luoghi ideali per promuovere la partecipazione attiva dei cittadini. Progetti che mirano a coinvolgere la comunità locale, a promuovere la cittadinanza attiva e a favorire il dialogo tra cittadini possono trovare finanziamenti in questa call (in attesa per la prossima primavera con scadenza presunta il prossimo Settembre 2024).

PROGRAMMA CERV: UN’OPPORTUNITÀ PER I COMUNI

Le amministrazioni comunali sono l’ancora di stabilità nelle nostre comunità locali, e giocano un ruolo essenziale nel promuovere la coesione sociale e la partecipazione dei cittadini. Il “Programma CERV” dell’Unione Europea offre un’opportunità unica per i comuni di raggiungere questi obiettivi in modo più efficace. In questo articolo, esploreremo cos’è il Programma CERV, i suoi obiettivi e priorità, a chi si rivolge e perché potrebbe interessare ai comuni. Inoltre, scopriremo tre iniziative in arrivo che offriranno ulteriori opportunità di finanziamento e collaborazione.

PROGRAMMA CERV: COS'È E COSA PROPONE

Il “Programma CERV,” acronimo di “Cittadinanza Europea, Valori e Responsabilità,” rappresenta un’iniziativa dell’Unione Europea volta a promuovere la partecipazione attiva dei cittadini e a rafforzare il tessuto sociale delle comunità locali. Il programma offre supporto finanziario e logistico per una vasta gamma di progetti mirati a promuovere la cittadinanza attiva, l’integrazione, la partecipazione democratica e l’innovazione sociale nei comuni.

OBIETTIVI E PRIORITÀ

Il Programma CERV si concentra su obiettivi chiave che includono:

  • Promuovere la partecipazione attiva dei cittadini: Incentivare i cittadini a prendere parte attiva nella vita democratica e nella costruzione della comunità.

  • Favorire l’integrazione e l’intercultura: Sostenere progetti che promuovono l’integrazione delle comunità culturalmente diverse, abbattendo le barriere sociali e favorendo la comprensione reciproca.

  • Stimolare l’innovazione sociale: Offrire risorse per sperimentare nuove idee e iniziative, contribuendo al progresso sociale ed economico.

A CHI SI RIVOLGE

Il Programma CERV si rivolge principalmente alle amministrazioni comunali e locali, alle autorità regionali e alle organizzazioni della società civile. In particolare, i beneficiari eleggibili includono:

  • Comuni e Municipi: Le amministrazioni locali sono al centro del programma poiché svolgono un ruolo cruciale nell’interazione diretta con i cittadini e nella promozione della cittadinanza attiva.

  • Organizzazioni della Società Civile: Le organizzazioni non governative, le associazioni culturali, le organizzazioni di volontariato e altre entità della società civile sono incoraggiate a presentare proposte progettuali innovative.

  • Autorità Regionali: Le autorità regionali possono partecipare attivamente ai progetti che mirano a promuovere la coesione sociale e il coinvolgimento dei cittadini nelle regioni.

PERCHÈ POTREBBE INTERESSARE I COMUNI

I comuni hanno tutto da guadagnare partecipando al Programma CERV. Questo offre loro l’opportunità di:

  • Stimolare la Partecipazione dei Cittadini: Attraverso progetti incentrati sulla partecipazione attiva, i comuni possono coinvolgere i cittadini in attività significative che rafforzano il senso di comunità e di appartenenza.

  • Favorire l’Integrazione e l’Inclusione: Il Programma CERV offre spazio per progetti che promuovono l’integrazione delle comunità culturalmente diverse, incoraggiando la comprensione reciproca e abbattendo le barriere sociali.

  • Stimolare l’Innovazione Sociale: I comuni possono utilizzare i fondi del Programma CERV per sperimentare nuove idee e iniziative, spingendo i confini dell’innovazione sociale e offrendo servizi più efficaci alla comunità.

TRE BANDI INTERESSANTI

Ora, concentriamoci su tre iniziative in arrivo che offriranno ulteriori opportunità di finanziamento e collaborazione nel contesto del Programma CERV:

– Town Twinning: Questa iniziativa mira a promuovere lo scambio e la collaborazione tra comuni gemellati, offrendo fondi per progetti che rafforzano i legami tra le comunità. È un’occasione per condividere esperienze, tradizioni e progetti con altre località, creando una rete di amicizia e collaborazione.

– Networks of Towns: Questa iniziativa incoraggia le reti di comuni a lavorare insieme su progetti che promuovono la partecipazione dei cittadini, l’innovazione sociale e la comprensione reciproca. Le reti di comuni possono affrontare sfide comuni e lavorare verso obiettivi condivisi.

– European Remembrance: Questa iniziativa mira a promuovere la conoscenza della storia europea, inclusi i periodi di autoritarismo e totalitarismo, attraverso progetti che coinvolgono la comunità e promuovono valori democratici. È un’opportunità per preservare la memoria storica e promuovere una comprensione più profonda del passato europeo.

In sintesi, il Programma CERV rappresenta un’opportunità straordinaria per i comuni di promuovere la partecipazione attiva, l’integrazione, l’innovazione sociale e la comprensione reciproca nella comunità locale. Con le iniziative in arrivo, c’è un’abbondanza di opportunità per creare legami più forti tra le comunità e celebrare il potenziale delle amministrazioni locali nella costruzione di una società più coesa e partecipativa.

Per saperne di più non esitate a contattarci!

CELEBRARE IL FALLIMENTO

Le biblioteche pubbliche sono spazi di conoscenza, cultura e apprendimento. Oltre ad offrire libri e risorse, svolgono un ruolo fondamentale nell’incoraggiare le persone a sperimentare, esplorare e imparare. Quando le biblioteche si raccontano, danno maggior, se non esclusivo, rilievo al successo piuttosto che al fallimento. Mentre una delle esperienze più intense che mi sono portata a casa da Next Library è stato l’invito a celebrare i propri errori, partendo dal dichiarare esplicitamente di averli commessi. “YES, I MADE A MISTAKE” è stato il motto di questa edizione di Next Library.

Questo articolo si propone di evidenziare l’importanza di imparare a celebrare il fallimento nelle biblioteche pubbliche e di trarre insegnamenti dagli errori commessi. 

TRASPARENZA E FIDUCIA

Celebrare i propri errori permette alle biblioteche pubbliche di instaurare una cultura di trasparenza e fiducia. Riconoscere apertamente gli errori dimostra che l’organizzazione è disposta ad ammettere le proprie imperfezioni e a imparare dagli errori commessi. Questo favorisce un ambiente in cui i dipendenti e gli utenti si sentono più sicuri nel condividere le proprie idee e suggerimenti, creando un ciclo di miglioramento continuo.

APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO

Gli errori sono preziosi momenti di apprendimento organizzativo. Le biblioteche pubbliche possono celebrare i propri errori aprendo spazi per la riflessione e la discussione sulle lezioni apprese. Questo può avvenire attraverso sessioni di formazione interna, gruppi di discussione o incontri periodici in cui vengono analizzati gli errori commessi e si individuano strategie per evitarli in futuro. L’apprendimento organizzativo permette alle biblioteche di crescere e migliorare costantemente i propri servizi e le proprie pratiche.

INNOVAZIONE E ADATTABILITÀ

Celebrare gli errori incoraggia l’innovazione e l’adattabilità nelle biblioteche pubbliche. L’esperienza dei fallimenti può essere un’opportunità per esplorare nuove idee, approcci e soluzioni. Le biblioteche possono promuovere la sperimentazione e l’assunzione di rischi calcolati, sapendo che anche in caso di fallimento, ci saranno lezioni preziose da apprendere. Questo favorisce l’adattamento ai cambiamenti e l’introduzione di nuovi servizi e programmi per soddisfare meglio le esigenze della comunità.

COINVOLGIMENTO DELLA COMUNITÀ

La celebrazione dei propri errori può coinvolgere attivamente la comunità servita dalle biblioteche pubbliche. Organizzare eventi o iniziative in cui si condividono storie di errori e si invitano gli utenti a condividere le proprie esperienze può creare un senso di connessione e di partecipazione. Questo coinvolgimento può portare a una maggiore comprensione reciproca e ad un migliore allineamento dei servizi bibliotecari con le esigenze della comunità.

MODELLI DI RUOLO PER L'APPRENDIMENTO

Le biblioteche pubbliche hanno il potenziale di fungere da modelli di ruolo per l’apprendimento continuo e la gestione degli errori. Mostrare come le biblioteche affrontano e imparano dai propri fallimenti può ispirare altre organizzazioni e membri della comunità ad adottare una mentalità di crescita e ad affrontare gli errori come opportunità di apprendimento. Questo può avere un impatto positivo sull’intera comunità, promuovendo una cultura in cui gli errori sono visti come parte integrante del processo di miglioramento.

CONCLUSIONE

Celebrare gli errori e imparare da essi è un aspetto fondamentale per le biblioteche pubbliche come organizzazioni. Questo atteggiamento aperto e proattivo nei confronti degli errori promuove la fiducia, l’innovazione e l’apprendimento continuo. Trasformare i momenti di fallimento in opportunità di crescita consente alle biblioteche pubbliche di offrire servizi e programmi sempre più efficaci e rilevanti per la comunità che servono.

 

Leggi anche il nostro articolo sull’importanza di imparare ad affrontare una sconfitta qui.

ESPLORANDO NUOVI ORIZZONTI: LA MIA ESPERIENZA AL FESTIVAL NEXT LIBRARY

di Simona Villa

Di recente ho avuto l’opportunità di partecipare al festival Next Library, un evento internazionale che celebra l’innovazione nel campo delle biblioteche e promuove il dialogo e la collaborazione tra professionisti del settore. Sono rimasta entusiasta all’idea di essere coinvolta in un evento così stimolante e avventuroso. In questo blog, condividerò la mia esperienza al festival Next Library e racconterò come mi ha aperto gli occhi su nuovi orizzonti e mi ha ispirato in modi che non avrei mai immaginato.

ESPLORAZIONE E CONDIVISIONE DELLE IDEE

Una delle cose più sorprendenti del festival Next Library è stata la varietà di partecipanti provenienti da tutto il mondo. Bibliotecari, architetti, educatori e innovatori si sono riuniti per discutere e condividere le loro esperienze e idee. Ho avuto l’opportunità di partecipare a workshop interattivi, presentazioni coinvolgenti e sessioni di brainstorming, oltre che a momenti di networking e di festa. Questi momenti di scambio hanno creato una sinergia unica, dove le prospettive diverse si sono fuse insieme per creare soluzioni innovative e creative per le sfide che le biblioteche affrontano oggi.

COMMUNITY ENGAGEMENT

Un aspetto che mi ha colpito profondamente durante il festival Next Library è stata l’importanza data all’engagement della comunità. Le biblioteche moderne non sono più semplici depositi di libri, ma diventano luoghi di incontro, partecipazione e coinvolgimento attivo della comunità. Ho sperimentato come coinvolgere il pubblico attraverso programmi culturali, eventi tematici, laboratori creativi e molto altro ancora. Questa enfasi sulla partecipazione ha dimostrato come le biblioteche possano essere un motore di cambiamento sociale e di promozione del dialogo e dell’inclusione.

ISPIRAZIONE E CONNESSIONI

Il festival Next Library mi ha offerto l’opportunità di incontrare persone appassionate e curiose. Le conversazioni con colleghi provenienti da paesi e contesti diversi mi hanno ispirato e mi hanno fatto riflettere sul ruolo che le biblioteche possono svolgere nella società. Ho fatto nuove connessioni che spero si traducano in collaborazioni future e scambi di idee. Il festival mi ha dato una visione più ampia del potenziale delle biblioteche e mi ha spinto a pensare in modo creativo e audace su come posso contribuire a fare la differenza nei contesti locali.

Il tema centrale del Festival è stato il gioco (e il divertimento) come approccio all’apprendimento e alla soluzione dei problemi. Uno dei keynote speech è stato proprio incentrato sull’esperienza del playful learning in biblioteca, e ha mostrato come offra un modo innovativo e coinvolgente per promuovere l’apprendimento e la scoperta attraverso il gioco. Le attività di playful learning in biblioteca possono includere giochi di ruolo, puzzle, attività artistiche e manuali, laboratori scientifici e molto altro ancora. Inoltre, grazie all’uso di tecnologie interattive e digitali, è possibile arricchire ulteriormente l’esperienza, rendendola ancora più coinvolgente e adattata alle esigenze e agli interessi dei partecipanti. L’esperienza del playful learning in biblioteca non solo promuove l’amore per la lettura e l’apprendimento, ma crea anche un ambiente sociale e inclusivo, in cui i bambini possono interagire, condividere idee e sviluppare competenze importanti per il loro futuro.

Il keynote speech di Katherine Richardson invece, incentrato sullo stato del pianeta è stato straordinariamente rivelatore e provocatorio. Richardson ha affrontato senza mezzi termini (ma senza mai avere il cipiglio della “maestrina”) la crisi ambientale che il nostro pianeta sta affrontando e ha sollecitato una profonda riflessione sulla responsabilità che ognuno di noi ha nel preservare e proteggere il nostro mondo.

Ha descritto con chiarezza e dati scientifici la grave minaccia che il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità rappresentano per il nostro pianeta e ha evidenziato la necessità di azioni urgenti per invertire la rotta. Il suo appello a una maggiore consapevolezza ambientale e a un impegno collettivo per adottare misure efficaci è stato estremamente persuasivo.

Un aspetto particolarmente rilevante del suo discorso è stata la connessione tra l’ambiente e le biblioteche. Richardson ha sottolineato come le biblioteche possano fungere da centri di conoscenza e di sensibilizzazione per l’ambiente, offrendo risorse educative, spazi di discussione e programmi che promuovono la sostenibilità. 

Il discorso di Katherine Richardson è stato un richiamo urgente all’azione e ha messo in luce l’interconnessione tra le questioni ambientali e il ruolo delle biblioteche come agenti di cambiamento. Ha spinto il pubblico a considerare come le biblioteche possono adottare un approccio proattivo nel promuovere la consapevolezza ambientale e nel sostenere la transizione verso una società più sostenibile.

CONCLUSIONI

Partecipare al festival Next Library è stata un’esperienza entusiasmante e arricchente. Mi ha aperto gli occhi su nuovi orizzonti e mi ha ispirato a pensare in modo innovativo sul futuro delle biblioteche. Ho definitivamente imparato che le biblioteche non sono mai statiche, ma sono in costante evoluzione per adattarsi alle esigenze della società. Il festival Next Library è stato un trampolino di lancio per connettersi con professionisti appassionati e condividere conoscenze ed esperienze. Sono grata per questa esperienza e sono entusiasta di portare ciò che ho imparato nel mio lavoro. 

Il futuro delle biblioteche è promettente e non vedo l’ora di farne parte attiva.

ERASMUS + OLTRE L’ERASMUS: SCOPRIRE UN PROGRAMMA AL DI LÀ DELLA SUA MISURA PIÙ CELEBRE

Quando pensiamo all’Erasmus, tendenzialmente facciamo riferimento a quel periodo di studio all’estero, che molti di noi hanno affrontato durante l’università. Nel nostro immaginario collettivo l’Erasmus è connesso a termini come gioventù, viaggio e grandi capitali europee e, magari, senza avervi mai preso parte di persona abbiamo comunque assimilato questa iconografia del programma Erasmus.

Definire tutto questo una semplificazione sarebbe riduttivo. Che una delle decine di attività che compongono questo programma sia arrivata al punto da sostituire il programma stesso nel pensiero comune è indicativo dell’immenso impatto che essa ha avuto in tutta Europa, ma anche della visibilità delle altre azioni di programma.

Il risultato è che numerose risorse messe a disposizione per progetti che nulla hanno a che vedere con l’università  rimangono inaccessibili agli enti perché non sono a conoscenza della loro esistenza.

Esempio lampante di questo problema, sono le biblioteche. Nel corso del Convegno Stelline (il più grande evento in Italia dedicato alle biblioteche) abbiamo partecipato ad un workshop, tenuto dallAgenzia Indire  L’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa), il cui obiettivo era proprio mostrare ai bibliotecari italiani che il programma Erasmus si rivolge anche a loro, e che le opportunità di finanziamento sono numerosissime.

Come le biblioteche anche gli enti locali faticano ad immaginare le modalità con cui potrebbero prendere parte al programma.

Quindi il primo passo per colmare questo gap, tra le risorse offerte e la percezione che si ha di esse, è necessario comprendere il programma e le parti che lo compongon0.

I SETTORI CHE COMPONGONO IL PROGRAMMA

Il programma Eramsus+ si compone in diversi settori:

  1. Educazione e Formazione
  2. Giovani 
  3. Sport  
  4. Jean Monnet 

Il settore educazione e formazione è il più ampio e certamente il più conosciuto, ed include:

  • Educazione scolastica
  • Educazione Universitaria
  • VET-Formazione professionale e Training
  • Educazione degli adulti

Non solo include l’educazione più tradizionale scolastica e universitaria, ma  anche la formazione professionale e la formazione non professionale degli adulti. 

Questo perché il programma persegue la sua finalità principale: promuovere il life-long learning, ovvero l’apprendimento permanente fino a raggiungere, entro il 2030, una percentuale pari al 60% degli adulti che almeno una volta all’anno prendono parte ad un’attività di formazione. 

La Formazione per gli adulti ad esempio è un settore poco conosciuto, ma che in realtà abbraccia una grande varietà di attori diversi. La sua scarsa popolarità viene evidenziata dai dati raccolti nell’agenda europea rinnovata per l’apprendimento degli adulti (EAAL), dove si  riconosce la necessità per tutti gli adulti di rafforzare regolarmente le loro competenze personali e professionali, ma anche che l’apprendimento degli adulti è il punto più debole nel sistema di apprendimento permanente, difatti la partecipazione degli adulti all’apprendimento continua a essere bassa.

Ma, anche immaginando che un ente fosse interessato a prendere parte al programma Erasmus plus, nell’ambito dell’educazione degli adulti, quali sono le attività che possono essere realizzate?

QUALI ATTIVITA' POSSONO ESSERE REALIZZATEALL'INTERNO DEL PROGRAMMA ERASMUS+

Il programma Eramsus +, oltre a dividersi in settori, si struttura in key action, che potremmo definire macro ambiti di attività. Queste key action sono trasversali a tutti i settori, e sono: 

  • Key action 1: mobilità individuale a fini di apprendimento
  • Key action 2: cooperazione tra organizzazioni e istituzioni
  • Key action 3: sostegno alla definizione delle politiche e alla cooperazione 

La fetta più ampia del budget di programma è destinata alla key action 1, ovvero alla mobilità, si parla circa del 70% del budget totale. Questo perchè negli anni si è visto come la mobilità sia in grado di generare effetti positivi nello sviluppo personale, sociale e personale degli individui. 

La mobilità viene spesso associata all’ambito scolastico/universitario, ma raramente la si lega ad esperienze tipiche della vita adulta. Al contrario, il programma Erasmus incoraggia tutti gli individui, qualsiasi età essi abbiano, ad intraprendere attività di mobilità

L’azione chiave 1 sostiene gli erogatori di istruzione degli adulti o le organizzazioni che in altre vesti desiderano organizzare attività di mobilita individuale per i discenti adulti in particolare con minori opportunità, per i docenti, i formatori e altro personale che opera nel settore dell’istruzione degli adulti.

Un esempio di come le attività di mobilità possano essere applicate ad ambiti diversi da quello scolastico è il progetto “Job Shadowing per operatori sociali dell’area disagio adulto di Bologna”. Il progetto mira a creare esperienze di job shadowing rivolte agli operatori sociali della città di Bologna. L’intervento si colloca nel contesto bolognese dove è in corso un percorso di accompagnamento ai processi di definizione del sistema dei servizi per gli adulti, avviato dal Comune di Bologna. Il progetto prevede la realizzazione di 11 esperienze di job shadowing nelle città europee di Londra, Glasgow, Parigi, Lisbona e Barcellona. 

L’azione chiave 2 riguarda i progetti di cooperazione tra organizzazioni, i cui obiettivi sono: 

  • Aumentare la qualità del lavoro e delle attività delle organizzazioni coinvolte;
  • Sviluppare la capacità delle organizzazioni di lavorare a livello transnazionale;
  • Affrontare le esigenze e le priorità comuni nel proprio settore di riferimento;
  •  Facilitare la trasformazione e il cambiamento, portando a nuovi approcci, in proporzione al contesto di ciascuna organizzazione.

Anche in questo caso le opportunità sono moltissime. Prendiamo ad esempio il progetto Potenziare i servizi delle biblioteche pubbliche per gli utenti ipovedenti attraverso strumenti e formazione TIC”. presentato dall’Unione della Romagna Faentina. Il progetto si è proposto l’obiettivo di fornire ai bibliotecari le competenze necessarie ad aiutare gli utenti ipovedenti, e da lì ha sviluppato nuove strategie di engagement e scoperto strumenti digitali e non da introdurre nelle biblioteche coinvolte. 

FARE I PRIMI PASSI NEL MONDO ERASMUS PLUS

Quindi di fronte a tutta la miriade di possibilità che il programma Erasmus plus mette a disposizione sembra legittimo chiedersi : ma come comincio?

Soprattutto per i “non addetti ai lavori” il primo impatto può apparire scoraggiante, e la mole di documenti da leggere di certo non aiuta . Ma se riusciamo ad andare oltre le lungaggini burocratiche , farci un’idea chiara sui testi di riferimento può essere un buon primo step. I documenti da tenere in considerazione sono: 

  • Il work programme. Ogni anno viene pubblicato il documento di programma che specifica gli obiettivi generali, le priorità e i risultati attesi, ma sopratutto indica chiaramente la distribuzione del budget nelle varie misure di finanziamento e da il framework per l’elaborazione di un progetto.
  • il call document. Ogni misura di finanziamento avrà un documento di riferimento, dove sono inserite tutte le informazioni relative al bando: l’ammissibilità, gli obiettivi, il partenariato, il budget ecc. Quando si presenta un bando erasmus è importante aver ben presente tutte le guidelines previste dal suo call document di riferimento.
  • il model Grant agreement. Il grant è l’accordo che sottoscriverete solo quando il vostro progetto verrà approvato, e che rappresenta il “contratto”che stipulate con l’Unione Europea. Il grant ha un format specifico che contiene indicazioni molto utili per l’elaborazione del budget e la scelta dei costi. 
Un altro aspetto importante è quello delle prorità di programma, che vanno tenute in considerazione fin dall’inizio della progettazione. Se la nostra idea non rispecchia nessuna delle priorità annuali, tanto vale rinunciare alla candidatura. Quest’anno le priorità sono: 
  • Inclusione e diversità
  • Sostenibilità ambientale 
  • Dimensione digitale 
  • Partecipazione e impegno civico

Un’altra buona pratica è quella di iniziare dalle misure di finanziamento “d’entrata”, ovvero quei bandi che sono stati pensati per i nuovi arrivati, che non hanno alle spalle una progettazione erasmus. 

  • Per i progetti di mobilità (Key action 1) facciamo riferimento ai progetti di breve durata, che hanno una durata e un budget minori
  • Per i progetti di cooperazione (Key action 2) facciamo riferimento ai progetti small-scale, ovvero di piccola scala, che per la composizione del partenariato e le dimensioni del budget si distinguono dai progetti di cooperazione tradizionali, in quanto più snelli ed accessibili.

In generale però, il consiglio  è sempre quello di affidarsi ad un buon progettista con esperienza in progettazione europea, che sappia guidarvi e supportarvi in tutte le fasi di progettazione e vi aiuti a presentare una candidatura solida.

Se vuoi saperne di più scrivimi a rebeccaantinori@studio2di2.com

Nuovi bandi dedicati ai giovani

La frase “l’Italia è un paese per vecchi”, sebbene volutamente sensazionalista, racconta di un paese dove i giovani sono una categoria spesso dimenticata e scomoda, e dove il gap generazionale è fonte di fortissime divisioni sociali.

Il problema della condizione giovanile in Italia è estremamente complesso e articolato, e non può certo essere ridotto ad uno scontro tra generazioni diverse: l’assenza di dinamismo economico, la mancanza di tutela per i neo-lavoratori, la continua riduzione dei finanziamenti alla scuola, l’assenza di forme e luoghi di ritrovo e della socialità pensati per i giovani, la lentezza dei meccanismi di ricambio nelle cariche dirigenziali, la mancanza di percorsi di inserimento lavorativo adeguati … sono tutti fattori che concorrono al creare la situazione in cui viviamo oggi.

Sono numerose le iniziative che cercano di invertire questi fenomeni negativi, andando a creare dei percorsi in controtendenza che sappiano sopperire alle difficoltà che i giovani devono affrontare.

Con i suoi nuovi bandi, Fondazione Cariplo vuole agire su due fenomeni estremamente diffusi: il benessere psicologico dei bambini e dei ragazzi, che già profondamente minato ha subito un ulteriore colpo a causa della pandemia; il problema dei Neet, ovvero quei giovani che non lavorano e non studiano e il cui numero in Italia ha raggiunto livelli allarmanti.

Diamo insieme un’occhiata a queste due misure di contributo

Bando Attenta-mente

 

A seguito della pandemia numerosi allarmi sono stati lanciati in merito al decadimento del benessere psicologico di bambini e ragazzi che, come mai prima d’ora, segnalano forti situazioni di disagio in forme e intensità tra loro molto diverse: ansia, depressione, aggressività, disturbi della condotta e della regolazione emotiva, dipendenza digitale, disturbi del comportamento alimentare e del sonno, fobia scolare, ritiro sociale, fino agli attacchi al corpo (ideazione suicidaria e atti di autolesionismo).

La situazione si è ulteriormente aggravata a seguito delle tensioni dovute al conflitto in Ucraina, e l’impatto psicologico ed economico che esse hanno avuto sulle famiglie – per esempio a causa dell’innalzamento del costo della vita -. Il rischio dell’eccessiva privatizzazione e medicalizzazione di questi disagi, che porterebbe al ricorso esclusivo a cure mediche individuali, è molto alto; per questo si predilige una strategia preventiva di ascolto, che riconosca l’aspetto collettivo di questi fenomeni, e li affronti a partire dai luoghi in cui i bambini e ragazzi passano le loro giornate (per esempio le scuole).

L’obiettivo è di incentivare azioni di natura trasformativa che vadano ad agire sul contesto abitativo, scolastico e relazionale in cui il ragazzo è inserito, andando a consapevolizzare gli adulti che lo circondano e prevenire il disagio psicologico.

Quindi gli obiettivi che il bando intende raggiungere sono:

  • Garantire l’intercettazione dei ragazzi e bambini che vivono in una condizione di disagio, prima che la situazione si cronicizzi e la sua gravità aumenti
  • Incrementare la capacità degli enti di elaborare forme di supporto e cura – anche con i destinatari stessi – coordinate.
  • Facilitare la nascita o il rafforzamento di alleanze territoriali tra gli attori del terzo settore, del pubblico e della comunità.

I progetti che verranno finanziati dovranno intercettare e supportare bambini e ragazzi in situazioni di disagio con particolare attenzione a quei minori e famiglie che non possono permettersi i costi dei servizi privati né i tempi di attesa dei servizi pubblici.

Come presentare domanda

Qualche informazione tecnica per la presentazione della domanda di contributo:

  • Le domande dovranno essere presentate da un partenariato composto da almeno due organizzazioni.
  • Il progetto dovrà avere una durata compresa tra i 18 e i 24 mesi.
  • La richiesta di contributo deve essere compresa tra i 50.000 euro e € 200.000 e comunque non superiore al 70% dei costi totali preventivati

Il bando si chiude il giorno 8 giugno 2023

Bando Network in rete

In Italia il fenomeno dei neet (Not in Education, Employment or Training) – acronimo che identifica i giovani che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in alcuna attività di formazione – interessa oltre 2 milioni di ragazze/i tra 15 e 29 anni, di cui circa 254.000 nella sola Lombardia.

DI questi fanno parte ragazzi che vengono da background sociali ed educativi molto diversi, sebbene perlopiù siano accomunati da un basso livello di istruzione. La componente più vulnerabile si compone con maggior frequenza da giovani donne, ragazze/i con background socioeconomici svantaggiati e poco supportivi e da livelli di competenze e soft skills inferiori alla media.

Questa condizione non genera solo gravi conseguenze nel merito dello sviluppo sociale, lavorativo e personale di questi ragazzi, ma genera anche forti problemi dal punto di vista psicologico.

La sfida, in primo luogo, è intercettare questi ragazzi. In quanto i neet sono tali, proprio perché fuoriescono da ogni istituzione o percorso di inserimento a loro dedicato, quindi la fase di engagement è certamente la più ardua e richiede una forte rete territoriale capace di sopperire alla mancanza di un contatto diretto.

Il bando si propone proprio di ingaggiare i neet, con specifica attenzione ai più fragili (caratterizzati da bassa scolarizzazione e disoccupazione di mediolungo periodo), per favorirne l’occupazione e il reinserimento in percorsi educativi; in particolare, attraverso il potenziamento e la promozione del lavoro in rete dei soggetti del territorio già impegnati sull’inclusione sociale e lavorativa dei giovani.

Come presentare domanda

Qualche informazione tecnica per la presentazione della domanda di contributo:

  • Possono fare domande esclusivamente organizzazioni private senza scopo di lucro con esperienza specifica sulle politiche giovanili.
  • Il bando prevede la collaborazione obbligatoria con un centro per l’impiego o un ente accreditato per i servizi al lavoro.
  • La richiesta di contributo potrà essere compresa tra i 100.000 e i 300.000 euro
  • La procedura di selezione dei progetti presentati sul bando si articola in due Fasi:
  1. Invio dell’idea progettuale (in scadenza il 6 giugno 2023)
  2. Invio del progetto definitivo (in scadenza il 18 ottobre 2023)

Vuoi partecipare ad uno di questi bandi? Contattaci senza impegno per una consulenza preliminare!

LUOGHI DA RIGENERARE

IL BANDO

Fondazione Cariplo lancia un nuovo bando da 5 milioni di euro, Luoghi da rigenerare, in scadenza il prossimo 13 luglio 2023. L’obiettivo è supportare processi di rigenerazione urbana che coinvolgono edifici ed aree sottoutilizzate o completamente abbandonate, attraverso la creazione di nuove funzioni culturali per restituire questi luoghi alla comunità.

I destinatari sono gli enti locali proprietari (o che hanno piena disponibilità) del bene/luogo oggetto dell’intervento. Il contributo previsto (a fondo perduto) copre l’80% delle spese di progetto, per un massimo di 400.000 euro.

In linea con gli obiettivi della fondazione e con simili iniziative proposte in passato dalla stessa, a ci sono delle caratteristiche centrali che i progetti dovranno avere per poter essere finanziati:

  • Approccio Bottom-up. Ormai lo sappiamo, utilizzare unicamente strategie top down  nei processi di rigenerazione urbana è un approccio fallimentare. Per chiarezza, è una strategia top-down  (dall’alto), una strategia che dall’amministrazione arriva alla cittadinanza, mentre è una strategia bottom-up (dal bass0) l’esatto contrario. In paasato, nei processi di rigenerazione urbana si è sempre considerata solo la prima opzione, mentre oggi è in corso una presa di consapevolezza sull’importanza di coinvolgere la cittadinanza nel processo di rigenerazione in maniera attiva. Per questo motivo, il bando chiede di utilizzare processi di progettazione partecipata (scopri di più) per individuare la nuova funzione d’uso e immagine dell’edificio o dell’area oggetto di rigenerazione.  Due esempi di strumenti di progettazione partecipata sono: il Design Thinking (scopri di più) e la Metodologia Lego Serious Play (scopri di più).
  • Coinvolgimento degli attori locali. Un altro elemento fondamentale dei progetti di rigenerazione è il coinvolgimento degli attori locali, ovvero delle organizzazioni del terzo settore, aziende, enti pubblici territoriali che potrebbero contribuire attivamente al progetto (magari implementado parte delle azioni, o assumendo la responsabilità per la gestione futura), o assumere il ruolo di stakeholder. Il bando chiede quindi di creare un partenariato con almeno un ente non profit attivo in ambito culturale, ma naturalmente il suggerimento è quello di fare rete con quanti più soggetti possibile. Questo infatti assicura la sostenibilità futura di un progetto: se esso sta a cuore a numerosi mebri della comunità, che vi prendono parte in grado più o meno superiore, sarà interesse di tutti assicurarne la continuità e non solo dell’amministrazione pubblica (con le sue sole risorse). 
  • Integrazione in piani di rigenerazione già avviati o in corso di elaborazione. La rigenerazione è tale perchè non si limita a vedere la ristrutturazione di un edificio come un intervento isolato e indipendente, ma al contrario, lo inserisce in un contesto più ampio dove interventi di natura architettonica, sociale, culturale, urbanistica e via dicendo concorrono tutti ad un unico obiettivo: rendere un luogo più adatto ai suoi abitanti.

COME SI FA RIGENERAZIONE ?

Come abbiamo visto la rigenerazione è un processo che integra più interventi, che insieme concorrono al raggiungimento di obiettivi comuni, e che mette in campo numerose risorse provenienti da mondi diversi. Se non si è mai affrontata prima può apparire complessa, e si rischia di candidare interventi che si pensa rispettino i requisiti, ma che in realtà non lo fanno affatto. Per questo motivo è utile guardare ad altri esempi di successo prima di avviare un progetto simile, così da avere un background di partenza. Ecco alcuni esempi di rigenerazione urbana interessanti.

BINARIO 49. Situato nel quartiere Reggio est (Reggio Emilia), divenuto tristemente celebre per l’alto tasso di criminalità, Binario 49 è un caffè letterario nato dall’incontro di numerose associazioni territoriali con i cittadini del quartiere. Binario 49 è stato selezionato dal CNAPPC tra le Trasformazioni Urbane Innovative, come esempio di micro intervento di rigenerazione partecipato, ed esposto nell’omonima mostra.

QUARTIERE SAN PAOLO, BARI. Questo quartiere di periferia, da sempre raffigurato con il termine stereotipato di periferia, è oggi un quartiere museo. Grazie al lavoro dell’associazione Mecenate 90, in collaborazione con il Comune di Bari e la Regione Puglia, è stato possibile dare vita a un progetto di museoformazione urbana, attraverso il coinvolgimento dei cittdani e delle organizzazioni attive nel quartiere.

MARE CULTURALE URBANO. Un progetto di rigenerazione urbana a base culturale che nasce nella periferia ovest di Milano, che prende il via con la riqualificazione della storica cascina Torrette di Trenno del quartiere San Siro, restituita alla città come luogo di aggregazione e fruizione culturale. Oggi lo lo spazio ospita un ristorante con una birreria artigianale, un coworking, sale per prove musicali, formazione ed eventi, e un cortile comune, ed è animato tutto l’anno con concerti, performance, cinema all’aperto, festival, attività per bambini

IL MITO DEL “PER TUTTI” NELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA

La pubblica amministrazione ha un problema. Ovvero, di problemi ne ha tanti, ma noi oggi poniamo l’attenzione su un problema di marketing: ovvero di individuazione, intercettazione e coinvolgimento di un pubblico.

Se il termine marketing vi sembra non avere nulla a che fare con il mondo del pubblico vi sbagliate di grosso. Sebbene in passato la PA sia vissuta nell’illusione che il suo funzionamento e buon andamento fosse del tutto indipendente dalla sua utenza, negli ultimi anni si sta verificando una presa di consapevolezza, lenta (lentissima) ma inevitabile. Ad oggi la pubblica amministrazione persiste nel sostenere il mito del “i miei servizi sono rivolti a tutti”, e più in là non prova nemmeno ad andare. Il risultato è quello che tutti noi conosciamo:

  • Una comunicazione standardizzata e inefficace, che dalle pagine delle delibere slitta sui post di facebook invariata
  • Una mancanza totale di consapevolezza rispetto alla propria utenza
  • Un affanno inevitabile nel ricercare partecipazione e coinvolgimento durante lanci di servizi, eventi, feste, celebrazioni per poi dimenticarsene completamente durante il resto dell’anno.

Tutto questo potrebbe essere risolto, almeno in parte, se la pubblica amministrazione avviasse delle strategie di marketing strutturate e indirizzate ad un target specifico.

Quella che può sembrare una controindicazione (del resto non è la pubblica amministrazione rivolta a tutti?), è invece un elemento fondamentale del rapporto con la propria utenza, e di fatto è un elemento che la PA condivide con il mondo del business. Niente e nessuno impedisce ad una signora di 70 anni di comprarsi un bel paio di Nike jordan, liberissima, ma è innegabile che la strategia di marketing non aveva lei in mente. Quindi, lungi dall’essere una limitazione, il target marketing è un’opportunità di costruzione della propria identità e individuazione di un proprio bacino di utenza.

Scegliere un target ci permette in primo luogo di conoscere questo target.

Immaginiamo, per esempio, che un comune debba informare i suoi cittadini dell’apertura di un bando per il servizio civile. Il target è abbastanza limitato, stiamo certamente parlando di ragazzi giovani (18 -28) anni; quindi, siamo già fortemente avvantaggiati. Ma in ogni caso la fascia d’età è ampissima e ricca di distinzioni, e senza una valutazione del proprio target sarà impossibile elaborare una strategia comunicativa efficacie. Al contrario, attraverso uno studio sul target, il comune potrà diversificare la propria strategia di marketing in maniera efficace. Un esempio banale riguarda proprio lo strumento da utilizzare: i Millenials (più o meno dai 24 in su) saranno molto ricettivi all’utilizzo dell’email marketing, statisticamente questa generazione ha risposto positivamente a questo format; al contrario i membri della cosiddetta Generazione Z ( dai 24 in giù) saranno più facilmente raggiungibili attraverso la promozione social.

Questa è solo una considerazione superficiale, che però può certamente aprire le porte ad una riflessione più ampia.

Un altro tema da tenere in considerazione, quando si riflette sull’importanza del target marketing per la PA, è il ruolo che esso può giocare nel mitigare il “gap digitale”.

Per comprendere meglio perché sarebbe opportuno un simile approccio, partiamo dai dati: secondo il DESI (Digital Economy and Society Index) 2020, l’Italia occupa il terzultimo posto fra i 28 Stati membri dell’Ue, con un punteggio pari a 43,6 (rispetto al dato Ue del 52,6), ritornando quindi al 25esimo posto.

Le cause, alla base di questo problema sono molteplici, ma certamente una di queste è la mancanza di una promozione efficace sui servizi offerti dalla PA la scarsa cultura del customer service.

L’assenza di questi due elementi rende macchinoso il rapporto tra le istituzioni e i cittadini, e ostacola la diffusione di servizi innovativi: basti guardare le forti resistenze all’introduzione dello SPID.

Il problema nasce in gran parte dall’essenza di un senso di necessità del buon andamento del servizio: in un azienda la soddisfazione del cliente è elemento centrale per il raggiungimento degli obiettivi di business, è quindi naturale che qualsiasi introduzione e strategia che possa contribuire a migliorare l’esperienza di acquisto del consumatore è ben accolta.

 La PA non persegue profitto, e percepisce la customer experience come qualcosa di collaterale più spesso che non.

Ma anche la PA ha un obiettivo: erogare servizi ai cittadini e assicurarsi che li utilizzino.

Quindi cosa può fare la pubblica amministrazione?

Come dicevamo il marketing, perché sia efficace, deve partire dall’individuazione di un target. Il cittadino target è quel cittadino potenzialmente interessato all’utilizzo di quel servizio specifico.

Ma come si individua il target?

Il primo passo è certamente quello di fare un’attività di focalizzazione, ovvero individuare la propria nicchia di mercato. Chiaramente nel pubblico non esiste un “mercato” quindi questo concetto potrebbe apparire inservibile; ma possiamo usare questo elemento per individuare  la fascia di target a cui mi rivolgo, nell’elaborazione dei servizi e delle strategie di comunicazione, sulla base di caratteristiche condivise.

Infine, un altro elemento fondamentale è quello del posizionamento: ovvero cercare di comprendere l’idea che il tuo utente potenziale ha di te.

Per questo il marketing non deve riguardare solamente i servizi proposti dall’ente, ma anche l’ente stesso: nel primo caso, il marketing servirà a portare i cittadini target ad avvicinarsi allo specifico servizio che vogliamo erogare; Il marketing dell’ente invece, ha come base di partenza il posizionamento: serve a ri-posizionarci nella testa del cittadino scardinando i credo attuali che le persone hanno della Pubblica Amministrazione.

L’obiettivo è naturalmente la fidelizzazione, termine che viene legato, spesso in maniera univoca al mondo del business, e significa “rendere un cliente fedele a un’impresa tramite opportune politiche di marketing”. Ma come abbiamo visto le aziende non sono le uniche a poter e dover reare un rapporto solido e duraturo con il proprio target.

Ma può la PA compiere questo sforzo? Può la comunicazione pubblica aprirsi a nuovi linguaggi e nuovi strumenti e soprattutto aprire le braccia a un diverso modo di concepire il dialogo con il cittadino?

In realtà la pubblica amministrazione ha molti vantaggi rispetto al mondo del business che, se sfruttati consapevolmente, potrebbe fortemente agevolare questo processo di innovazione.

In primo luogo, i valori a cui essa fa riferimento sono certamente positivi, e condivisi dal sentire comune e dal singolo. Dove il privato deve costantemente rispondere ad un’esigenza di integrità e morale alta, la PA si fa portabandiera di valori come la democrazia (e la più recente d-democracy), la trasparenza, la legalità, l’eguaglianza …

In secondo luogo, la PA sta vivendo un momento storico di profondo cambiamento, in gran parte a causa del processo di digitalizzazione. Un retelling efficace di questo processo e un coinvolgimento diretto dei cittadini nelle innovazioni introdotte, sono occasioni di visibilità per la PA e di contatto con l’utenza.

 

CHI HA PAURA DI CHAT GPT? Chat GPT: il futuro della progettazione nell’era dell’intelligenza artificiale

Chat GPT è sulla bocca di tutti da ormai un mese, e se non fosse sufficiente la mole di articoli e video pubblicati sull’argomento, basterebbe cercare di accedere alla pagina ufficiale perennemente bloccata a causa dell’enorme numero di utenti, per rendersi conto della portata di questo fenomeno.

Si parla già della fine di Google, dei programmatori e dei copywriter. Si parla di cambiamento epocale, della più grande scoperta dalla nascita di internet. Dagli scenari apocalittici, neanche tanto velatamente ripresi dalle pagine di Asimov, fino all’entusiasmo di chi crede che il mondo sta inevitabilmente per cambiare; Chat GPT ha fatto parlare di sé e continua a far parlare di sé.

Ma che cos'è Chat GPT?

Per i pochi, rari (rarissimi), che in quest’ultimo mese si sono dati all’internet detox ecco di cosa stiamo parlando. Chat GPT è l’acronimo di Generative Pretrained Transformer, uno strumento di elaborazione del linguaggio naturale che utilizza algoritmi avanzati di apprendimento automatico per generare risposte simili a quelle umane all’interno di un discorso.

Ovvero, in parole semplici, Chat GPT è un Chatbot a cui gli utenti possono fare qualsiasi domanda, che lui è in grado di elaborare per formulare risposte complete e coerenti nell’ambito del discorso. Chat GPT sembra possedere “la conoscenza”.

Come sempre, non c’è soluzione migliore per comprendere qualcosa che sperimentarla in prima persona, quindi il consiglio è di fare un salto a questo link, nel caso non lo abbiate già fatto, per provare di persona.

Chat GPT è frutto del lavoro di OpenAI (organizzazione no profit per la ricerca sull’intelligenza artificiale), e nasce allo scopo di migliorare l’interazione uomo-macchina, in una miriade di applicazioni e contesti diversi.

Per esempio, immaginiamo di utilizzare questa chatbot nel servizio clienti, dove Chat GPT può gestire le domande più comuni della clientela e fornire risposte istantanee, agevolando notevolmente il lavoro degli operatori.

Ma come vi accorgerete presto questo strumento è molto più di questo.

Da quando la piattaforma è finita al centro dell’attenzione del pubblico non sono mancati gli esperimenti e i test: tutti volevano capire fino a che punto questa novità era veramente sorprendente e innovativa come si anticipava.

Chi chiede un articolo blog, chi una breve dissertazione sulla condizione degli universitari italiani, chi la trama per un fumetto, chi l’incipit di un thriller.

È diventato subito chiaro che Chat GPT può scrivere, e se non ha ancora acquisito la medesima naturalezza in tutti gli ambiti, è solo questione di tempo prima che il chat bot sia perfettamente capace di sostituire la penna umana.

Immaginiamo l’impatto che una tale scoperta ha avuto sulle persone che lavorano in ambito creativo: copywriter e content writer si sono trovati di fronte ad un problema che mette in discussione l’essenza stessa del loro lavoro. Ma anche noi, i cosiddetti Gant writer – ovvero i progettisti da bando – ci siamo trovati a riflettere sul nostro futuro.

La domanda sorge spontanea: Chat GPT sta per sostituirmi?

Arriverà il giorno in cui presentare un progetto significherà aprire il proprio pc, entrare nel chatbot, e digitare qualche domanda? Il progettista è una figura destinata ad estinguersi di fronte a questa enorme rivoluzione?

Come potete immaginare il dibattito ci ha tenuti impegnati per parecchi giorni, ed essendo il nostro uno studio tendenzialmente portato al confronto non abbiamo disdegnato di esprimere ognuno la sua opinione.  E anche tra noi si è creato uno spartiacque inevitabile tra i più scettici, forse un po’ conservatori e diffidenti, e gli entusiasti. Ma alla fine siamo giunti una conclusione: Chat GPT potrebbe sostituire completamente i Grant Writer, e dico potrebbe perché nel caso succedesse sarebbe in quel caso solo colpa nostra.

Il problema nasce quando la progettazione si trasforma, per qualche strano movimento semplificatorio, in scrittura di una candidatura, e niente di più. Ovvero quando il progettista si trasforma in amanuense, e si limita a compilare le schede più o meno complesse, che gli enti erogatori allegano alle istruttorie. Se il nostro lavoro è saper scrivere un progetto, allora di certo un giorno potremmo essere sostituiti. Soprattutto considerando che, a differenza di un content creator, come grant writer non ci viene richiesto un grande sforzo di creatività nella scrittura né di originalità, e che la forma ha importanza nel limite in cui rende l’idea progettuale il più chiara possibile. Difficilmente un ente erogatore porrà grande attenzione nello stile di scrittura, che non è altro che il mezzo necessario per trasmettere il progetto, non il progetto stesso.

Se quindi la scrittura non è altro che la modalità che utilizziamo per veicolare i nostri progetti, perché viene posta al centro del lavoro del progettista, diventandone il focus.

Cosa vuol dire progettare?

Tutto sta in quello che il cliente vede e percepisce come “concreto”.

Il bando richiede un progetto, progetto che va dettagliato in un documento, ipotizziamo, di 70 pagine, quindi il lavoro del progettista non è che questo: scrivere.

Naturalmente si tratta di una grande semplificazione, che tiene conto unicamente del risultato finale “visibile” e scivola allegramente sopra le fasi intermedie.

Ma come facciamo a mostrare che la scrittura non è che una parte, ad essere veritieri minoritaria del nostro lavoro?

Si potrebbe cominciare nel mostrare al cliente il processo di progettazione e i suoi step come entità separate, parti di un percorso coerente.

Un altro elemento è l’introduzione del concetto di prototipo. Il primo risultato di un percorso di progettazione è l’elaborazione di un prototipo, che non necessariamente deve assumere la forma di un progetto scritto, e che anzi , spesso è esplicitato più chiaramente nei documenti di medio termine utilizzati ai fini della progettazione (il quadro logico, il work plan …) che spesso non sono richiesti dagli enti erogatori.

Infine, si può ipotizzare di condividere i risultati attesi, prima dell’avvio dei lavori di progettazione, con il cliente, mostrando chiaramente come il documento descrittivo di progetto non è che un elemento dell’intero processo.

Quindi no, a nostro parere Chat GPT non sostituirà i progettisti, non se essi saranno in grado di valorizzare e raccontare il proprio lavoro. che è costituito principalmente dal saper condurre l’ideatore del progetto nel processo che porta al dettaglio di ogni singola parte partendo dall’analisi del contesto e del problema evidenziato, di cui il progetto si candida ad essere la (migliore) soluzione (magari progettata e disegnata insieme ai destinatari della stessa).

Al contrario, questo strumento potrebbe dimostrarsi un prezioso supporto, che andrebbe a ridurre il tempo dedicato alla scrittura , ampliando le ore di progettazione vera e propria…e finalmente la nostra job description potrebbe cambiare da grant writer a project designer.