La rinascita di un Comune siciliano attraverso l’arte contemporanea

Il Farm Cultural Park di Favara è uno dei migliori esempi di rigenerazione in Italia, se non nel mondo. 

Quante volte abbiamo sentito parlare di rigenerazione urbana?

Soprattutto oggi questo concetto sembra essere sulla bocca di tutti: dai comuni che si lanciano nel recupero di quartieri periferici, ai bandi dedicati alla rigenerazione dei borghi disseminati lungo tutta la penisola, fino agli imponenti progetti come il MIND (Milan Innovation District).

L’impressione è che la rigenerazione sia necessariamente qualcosa di imponente, monumentale e grandioso: lo stravolgimento di un luogo e la sua trasformazione in altro. Tuttavia, nella realtà, la rigenerazione per sua natura è un processo lento, complesso e articolato. Un processo che non riguarda unicamente le grandi città come Milano, non coinvolge unicamente spazi imponenti come lo spazio che ospitava Expo 2015, e soprattutto non è sempre un processo Top-down, calato dall’alto dai decisori politici.

A dimostrazione di ciò vogliamo presentarvi la realtà di Favara (AG), un esempio lampante del “si può fare” anche nel piccolo, anche in provincia, anche dal basso. A Favara prende vita progetto di recupero architettonico e attivazione socioculturale attraverso la lente dell’arte contemporanea.

LA CITTÀ: uno specchio dell’esodo demografico e dell’emigrazione

Ogni volta che qualcuno argomenta che “progetti simili sono possibili solo in centri urbani già estremamente ricchi di iniziative ed economicamente attivi” pensate a Favara.

Questo comune di oltre 34.000 abitanti si trova in Sicilia, nella provincia di Agrigento, ad appena 10 minuti di macchina dalla Valle dei Templi. Malgrado la posizione, apparentemente favorevole, la città non era meta di turismo, soffrendo all’ombra di centri ben più noti. Il porto più vicino, Porto Empedocle, tuttora non è raggiungibile dalle Navi da Crociera, incrementando ulteriormente l’isolamento del comune.

Come numerose realtà del Mezzogiorno, Favara ha vissuto un fenomeno di grande emigrazione verso gli Stati Uniti nei primi decenni del ‘900. Il risultato fu che molti emigrati tornarono nella loro città natale arricchiti e desiderosi di contribuire allo sviluppo della loro terra. Da qui la costruzione incontrollata di case, appartamenti, palazzine, ville per figli, nipoti e pronipoti, fino a creare quel panorama congestionato e intasato che vediamo oggi. Tutti questi edifici, figli di una politica urbanistica ed edilizia permissivista, vengono progressivamente abbandonati con il passare degli anni a causa di un nuovo fenomeno migratorio: si tratta dei giovani siciliani che abbandonano la loro terra in cerca di nuove opportunità di lavoro e un futuro più stabile. Inoltre, le vecchie abitazioni del centro storico, che necessitavano di ristrutturazioni e servizi, vengono abbandonate in favore delle nuove costruzioni periferiche, anche grazie ai prezzi favorevoli: il loro valore si è nel tempo svalutato per la presenza di numerose abitazioni invendute. 

L’abbandono sistematico e ininterrotto ha generato una situazione paradossale: ad oggi a Favara 2/3 delle abitazioni sono inabitate e versano in stato di abbandono. Questo non solo influisce negativamente sul paesaggio urbano, ma provoca crolli che possono portare a tragiche conseguenze (come il crollo del 2010 che portò alla morte di due bambine).

FARM CULTURAL PARK è il cambiamento: riempire i vuoti urbani con l’arte.

Il progetto nasce da un’idea di due professionisti, Florinda Saieva e Andrea Bartoli, che da Parigi decidono di ritornare a Favara per realizzare il proprio progetto di vita. La volontà era quella di contribuire attivamente al benessere della società, creando un ambiente ricco d’opportunità culturali (e di lavoro) e stimolante.

Farm Cultural Park apre ufficialmente il 25 giugno 2010 e da allora non ha mai smesso di evolvere e crescere.

Farm Cultural Park

Ma che cos’è il Farm Cultural Park di Favara?

“uno dei centri culturali indipendenti più influenti del mondo culturale contemporaneo e uno dei progetti più effervescenti di ripensamento e rinascita di città” 

Si tratta di un ambizioso progetto di recupero e rinascita culturale, che trova nell’arte contemporanea il proprio linguaggio. Favara, da Borgo morente e abbandonato, viene investito da quella che possiamo definire una rivoluzione, che andando a colpire il cuore stesso del dramma della città, lo trasforma in qualcos’altro, qualcosa capace di generare bellezza. L’idea della farm parte proprio dal recupero di quei “vuoti urbani” (gli edifici abbandonati disseminati nel centro storico), tanto numerosi da superare in numero quelli effettivamente abitati, per dare loro nuova vita e funzione, senza però stravolgerne l’identità. Farm Cultural Park si connota non soltanto come spazio espositivo, ma anche come centro di produzione e sperimentazione culturale, con il fine di stimolare il senso comunitario cittadino.

Ma cosa rende questo progetto un esempio lampante di rigenerazione urbana di successo?

CITTA’ E FARM: un dialogo fluido e continuo

Il Farm Cultural Park può esistere solo a Favara, perché su questa città è stato pensato e costruito.

Un progetto di rigenerazione urbana di successo non può essere neutro, ovvero perfettamente replicabile in altri contesti urbani senza che vi sia un processo di adattamento. L’idea alla base del progetto e la metodologia che ha portato al suo sviluppo possono certamente essere utilizzati per progetti simili in altri contesti, ma l’applicazione pratica e personale è unica.

Nel caso di Favara la sovrabbondanza di edifici abbandonati ha permesso la creazione di spazi espositivi nel centro della città, che si armonizzano al panorama circostante e si confondono nelle viuzze e stradine del borgo.

Spesso è sufficiente voltare un angolo per ritrovarsi in un quartiere rigenerato, ma l’impatto non è mai traumatico. La decadenza e l’abbandono, che caratterizzano le vie del centro, vengono reinterpretate e valorizzate attraverso l’arte.

Farn Cultural Park

La dissonanza tra questi ambienti non esiste, proprio perché la base di partenza è comune e l’effetto di conseguenza risulta fluido.

Questa capacità di integrazione risulta altrettanto potente all’interno dei palazzi, dove vengono organizzate le esposizioni: i luoghi vengono riqualificati ma non privati della loro identità, ed è proprio in questo incontro tra abbandono e bellezza, tra arte e decadenza che troviamo il genio del progetto.

LUOGHI DI TRANSIZIONE: arte en passant

Uno degli elementi più interessanti di Farm Cultural Park sono i luoghi di transizione, ovvero quegli spazi, quartieri, strade che non hanno alcuna funzione specifica, ma che nondimeno ne assumono una a seconda di chi ne fa uso.

Farm Cultural Park

Luoghi misti, fluidi e capaci di adattamento: ma soprattutto luoghi di passaggio. Rinchiudere l’arte e la bellezza nei musei e nelle esposizioni, lo sappiamo, ha spesso un effetto respingente su di un pubblico che, per mancanza di passata esperienza o semplice diffidenza, si sente intimidito all’idea di varcare la soglia di un luogo quasi permeato da una certa sacralità. A Favara l’arte è di fianco alla panchina dove le signore anziane si siedono per riposarsi di ritorno dalla spesa, o ancora meglio la panchina stessa è un’opera di design. L’arte è presente ma non è il motivo per cui le persone sono lì, accompagna il loro passaggio discreta, senza richiamare prepotentemente la loro attenzione: lo fa, ma di sfuggita.

Creare spazi di transizione che siano belli, ricchi di spunti di ispirazione e di riflessione è il modo più efficacie per portare l’arte nella vita di tutti, e lasciare che essa diventi parte del quotidiano.

Durante la nostra visita, in uno dei quartieri rigenerati si è tenuta una festa in strada. Casse e DJ, il bar all’angolo pronto a distribuire drink e i ragazzi del posto che semplicemente chiacchieravano, ballavano, vivevano circondati dall’arte. Nessuno di loro era lì per osservare le opere, ma le hanno certamente guardate in ogni caso.

In quella festa abbiamo visto risolto il dramma di molti comuni isolati nelle province, privi della minima attrattiva per i più giovani, dove i ragazzi si ritrovano la sera nei parchi bui o fuori dai cimiteri, semplicemente perché non sanno dove altro andare.

Eppure, tutti hanno diritto di vivere circondati dal bello.

ASCOLTO DELLA COMUNITA': rigenerazione al servizio delle persone

Sembra banale, ma spesso prestare ascolto ai bisogni di un luogo richiede uno sforzo non indifferente e costringe verso nuove soluzioni e alternative differenti da quelle inizialmente previste.

La rigenerazione, perché sia efficacie, deve dialogare con la comunità di riferimento e adattarsi quanto più possibile alle sue esigenze. Favara ancora una volta dimostra come innovazione, ingegno e ascolto possono portare a risultati di successo.

Uno dei numerosi problemi che affligge il Comune è l’assenza di verde: a parte qualche piccolo parco pubblico, vi è una quasi totale assenza di piante in tutta la città.

Per trovare una soluzione a questo dilemma il Farm Cultural Park ha deciso di ricreare un giardino … all’interno di un palazzo abbandonato.

L’effetto, come potete immaginare, è stupefacente.

Farm Cultural Park

Un vecchio palazzo diroccato, seminascosto tra altre palazzine che una volta spalancato rivela un parco racchiuso tra le sue mura. Entrando si ha l’impressione di muoversi in un luogo alieno, ed è proprio la decadenza dell’edificio a rinforzare questa impressione: se al posto di una palazzina diroccata avessimo avuto uno spazio appena costruito, lucido e pulito, l’effetto sarebbe stato artificioso. Mentre guardando queste mura in pietra e gli alberi che vi crescono in mezzo si ha come l’impressione che questi ultimi siano cresciuti naturalmente, per propria volontà.

Oggi l’edificio ospita mostre di arte contemporanea ed è l’esempio perfetto della capacità di Favara di integrare elementi così diversi in unico luogo e creare uno spazio unico nel suo genere.

L’impatto positivo non si misura solo nell’aumento della presenza di turisti, anche internazionali, e nei nuovi posti di lavoro a beneficio del territorio: anche l’ambiente ha la sua parte. Infatti lo “Human garden” ha richiamato l’attenzione del territorio alle tematiche di sostenibilità ambientale: all’ultima tornata amministrativa moltissimi candidati proponevo all’interno dei programmi elettorali piantumazioni e iniziative di educazione ambientale.

CONCLUSIONI

In conclusione, Farm Cultural Park è un esempio di rigenerazione a servizio della cittadinanza, modellato intorno ad un panorama urbano unico e integrato nel tessuto quotidiano della comunità locale. Qui creatività, innovazione e sperimentazione diventano il carburante per una ripresa economica, turistica e socioculturale del comune. Qui l’arte è protagonista del dialogo che il Farm Cultural Park intreccia con i cittadini e l’architettura locale, ed è proprio l’arte a rompere i confini degli spazi per uscire nelle vie e nelle strade della città, e farsi portatrice di un messaggio di speranza e rinascita.

Quello di Favara è un sogno, con tutte le difficoltà che questo comporta: ciò la rende però un faro accecante nella staticità del panorama culturale italiano e l’esempio vivente che anche nei comuni periferici, anche nelle città flagellate da crisi economica e “fuga di cervelli”, sì anche in luoghi privi di mete turistiche, di iniziativa privata e di una vita culturale florida, anche qui la rigenerazione è possibile.

Una nuova opportunità di finanziamento per i Comuni – ALL Attrattività Locale Lombardia

La stagione dei Bandi di finanziamento è appena cominciata, e se il Bando Borghi ne è stato il protagonista indiscusso degli ultimi mesi non è certo il solo strumento a disposizione degli enti locali.

I Bandi di Finanziamento a fondo perduto sono numerosi e il rischio è quello di lasciarsi scappare qualche occasione prezionsa. Un esempio è il Bando di Regione Lombardia, ALL -Attrattività Locale Lombardia. Link

Di cosa si tratta?

Il Bando vuole sostere i Comuni Lombardi per la realizzazione di progetti di valorizzazione e riqualificazione di beni immobili. L’obiettivo è aumentare l’attrattività e l’accessibilità dei territori dal punto di vista turistico, sociale ed economico, in un’ottica di marketing territoriale. I beni immobili devono essere:

  • o di proprietà del Comune che presenta l’istanza; 
  • o di un’altra amministrazione pubblica, purchè il Comune richiedente ne abbia la completa ed esclusiva disponibilità (attraverso comodato, locazione, affitto, usufrutto, uso ecc.) per un periodo di 10 anni dalla conclusione dell’intervento. 

In particolare, i progetti devono essere orientati alla sostenibilità e prevedere interventi in grado di incrementare il patrimonio pubblico. Possono parrtecipare al Bando tutti i Comuni Lombardi, fatta eccezione per i Capoluoghi. 

Gli interventi proposti devono avere un livello di progettazione definitiva o esecutiva

A quanto ammonta il contributo?

Dotazione finanziaria complessiva € 3.300.000,00 così ripartita:

  • € 2.145.000,00 Anno 2022
  • € 1.155.000,00 Anno 2023

Il contributo, a fronte di un investimento minimo di € 60.000,00, è concesso a fondo perduto ed è pari all’ 80% delle spese ammissibili. Il contributo massimo concedibile è di € 150.000,00 e nel caso di investimenti che generano utili il contributo sarà concesso nel rispetto del regime de minimis.

Le spese ammissibili sono:

a) spese tecniche di progettazione (nella misura massima del 8% delle spese ammissibili), direzione dei lavori, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, collaudo;

b) realizzazione di opere e lavori (a titolo esemplificativo: opere e lavori edili, strutturali e impiantistici, ristrutturazione e ammodernamento dei locali, etc.);

c) acquisizione di beni capitali e immobilizzazioni materiali e immateriali (ad esempio: arredi, attrezzature e dispositivi tecnologici, software, etc.) complementari all’intervento sul bene immobile.

Il decreto attuativo non è ancora stato pubblicato, così come la data di apertura delle candidature e la deadline. 

Vi terremo aggiornati sui prossimi sviluppi.

Europrogettazione

Da dove iniziare a parlare di un argomento che ha duemila possibili punti di ingresso?

Dal cronico ritardo italiano nell’accedere alle opportunità e alle risorse europee? No, perché la logica della lamentela non ci appartiene.

Dalle opportunità e dalle risorse europee (moltiplicate vieppiù dal Recovery Fund)? Interessante, ma rischia di creare solo aspettative e conseguenti possibili delusioni.

Dalla necessità di adottare un approccio progettuale alle attività delle nostre organizzazioni? Si, questo è l’aspetto che ci interessa maggiormente, soprattutto perché mette in campo la nostra creatività e la nostra propensione al cambiamento e all’innovazione.

Accedere alle risorse dei bandi europei candidando progetti vincenti non è una questione di conoscenza dei programmi, delle call specifiche e del funzionamento delle piattaforme; non è sicuramente solo quello (sebbene poi serva anche quello!).

Come sempre, non si tratta di imparare un tecnicismo (noi di 2di2 siamo qui anche per integrare le conoscenze di chi, quei tecnicismi, non ha intenzione, voglia, tempo di impararli): prima di tutto si tratta di avere le idee giuste e chiare.

Il mio mentore dice sempre: “le idee non seguono i soldi, ma al contrario sono i soldi che arrivano quando c’è l’idea giusta”. A furia di sentirglielo ripetere mi sono convinta che le cose stanno esattamente così: aspettare di vedere il testo del bando per farsi venire l’idea da candidare è una mossa perdente.

È troppo tardi e si rischia di inseguire la scadenza presentando poi una candidatura debole e lacunosa.

Occorre avere in testa qual è l’obiettivo di innovazione (dove per innovazione intendo la capacità di rispondere alle sollecitazioni esterne introducendo un cambiamento nella mia organizzazione) che intendo realizzare e poi chiedersi: risponde ad una finalità ritenuta rilevante dalla UE? In che modo? Come il mio progetto può rispondere ad esigenze condivise da altri soggetti?

In questo modo garantiamo che le risorse europee che dovessero esserci riconosciute creino valore non solo per noi e la nostra organizzazione, e, a cascata, i benefici del progetto raggiungano altri soggetti, amplificando il ritorno dell’investimento europeo.

L’Agenda ONU 2030 (quella dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, gli SDG) ci facilita il compito: quando pensiamo a come innovare nella nostra organizzazione (pubblica o privata, for profit o sociale che sia) avere chiaro a quale degli obiettivi dell’Agenda vogliamo dare una risposta, è un ottimo punto di partenza (forse oggi l’unico che vale la pena di adottare).

Avere un buon piano degli obiettivi di medio e lungo periodo; progettare le soluzioni utilizzando metodologie di facilitazione che valorizzino le competenze dei team e la creatività dei collaboratori; dotarsi di strumenti di informazione sui programmi europei e i calendari delle call, sono gli ulteriori aspetti importantissimi che occorre presidiare per elaborare candidature interessanti e di possibile successo.

Il resto è rimesso  – anche – alla sorte (non dobbiamo mai dimenticare che la competizione è altissima)…ma come sappiamo tutti “la fortuna è quando l’opportunità bussa e tu rispondi”.

 

Enjoy!